La crisi diplomatica con Riad scuote il governo del Libano
AGI - La crisi diplomatica tra Arabia Saudita e Libano, scaturita dai commenti del ministro dell'Informazione di Beirut, George Kordahi, sull'intervento militare di Riad e Abu Dhabi in Yemen, ha aperto l'ennesimo fronte interno nel governo del Paese dei Cedri, già scosso dalle tensioni per l'inchiesta sull'esplosione al porto di Beirut e gli scontri mortali del 14 ottobre tra Hezbollah e Forze libanesi.
Il Regno wahabita ieri ha ordinato l'espulsione dell'ambasciatore di Beirut e ha vietato l'import di tutti i prodotti libanesi, richiamando in patria il proprio rappresentante diplomatico per "consultazioni". Decisione seguita poco dopo dal Bahrein.
A scatenare la reazione di Riad è stata un'intervista registrata lo scorso agosto, ma mandata in onda solo questa settimana nella quale Kordahi - che all'epoca non era ministro - definiva "futile" la guerra in Yemen e sosteneva che i ribelli sciiti Huthi si stanno solo "autodifendendo", lasciando così intendere che Arabia saudita ed Emirati sono gli aggressori nel conflitto che va avanti da sette anni.
Parole "inaccettabili e offensive" per la monarchia più potente del Golfo che hanno innescato un'escalation all'interno dello stesso governo libanese. Noto personaggio televisivo - è stato anche presentatore della versione araba di 'Chi vuol essere milionario' - Kordahi è un cristiano maronita, vicino al Movimento Marada, alleato di Hezbollah. E proprio il Partito di Dio filo-iraniano è accorso in difesa del ministro, denunciando la "campagna ingiusta" nei suoi confronti che è un "attacco alla sovranità libanese" e "un ricatto inaccettabile".
Immediata la contro-risposta di Saad Hariri, ex premier e leader sunnita filo-saudita, che ha puntato il dito contro il movimento filo-Teheran, accusandolo di avere "la responsabilità, prima di tutto" dell'isolamento del Libano dall'Arabia Saudita e dagli Stati del Golfo.
"Volete uno Stato con sovranità e dignità nazionale, togliete le mani dell'Iran dal Libano", ha aggiunto. Dal leader del partito cristiano Forze libanesi, Samir Geagea, è arrivato l'appello al governo a "prendere una decisione rapida, decisa e chiara per risparmiare al popolo libanese ulteriori tragedie", mentre Bahaa Hariri, fratello rivale di Saad, ha esortato l'esecutivo a dimettersi.
Il premier Najib Mikati si è detto "profondamente dispiaciuto" per la decisione di Riad, assicurando che continuerà a "lavorare per risolvere" la crisi diplomatica. Il capo di governo, in carica da meno di due mesi dopo oltre un anno di vuoto governativo, ha ribadito che "la posizione di Kordahi, affermata prima di diventare ministro, non rappresenta l'opinione dell'esecutivo".
Di fronte all'inasprirsi delle tensioni, Mikati ha poi fatto sapere di aver parlato con il presidente Michel Aoun e di aver chiesto al ministro di "valutare l'interesse nazionale e prendere la decisione appropriata per riparare le relazioni arabo-libanesi".
La crisi "preoccupa" anche la Lega araba che, attraverso il segretario generale Ahmed Aboul Gheit, ha lanciato un appello ai Paesi del Golfo a "riflettere sulle misure annunciate per evitare ulteriori effetti negativi sull'economia libanese al collasso".