AGI - Il G20 in corso oggi e domani a Roma è anche il vertice della ripresa post-pandemica: molti i dossier sul tavolo, ancora di più le sfide che i Paesi del G20 sono chiamati ad affrontare. Dalla salute globale all’ambiente, dalle disuguaglianze allo sviluppo: quali i risultati già conseguiti dal G20 e quanto rimane da fare? Ecco la posta in gioco in 7 grafici realizzati da Ispi
I Ministri della Salute del G20 si sono impegnati a vaccinare il 40% della popolazione mondiale entro la fine del 2021 (target portato proprio ieri al 70% entro metà 2022). L’obiettivo 2021 sembra raggiungibile (ad oggi, il 38% della popolazione mondiale ha ricevuto due dosi di vaccino), ma restano amplissime disparità tra le regioni (ad esempio, in Africa solo il 5,6% degli abitanti ha ricevuto due iniezioni). Malgrado iniziative come COVAX e ACT-A, gli interventi multilaterali risultano ancora parziali e in ritardo.
I Paesi del G20 sono responsabili di quasi l’80% delle emissioni globali di CO2. Guidano la (negativa) classifica Pechino e Washington, che insieme producono oltre il 42% delle emissioni. Dati che dimostrano quanto l’impegno del G20 per mantenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5°C sia fondamentale. Dal G20 è già emerso l’impegno di mobilitare $100 miliardi all’anno fino al 2025 per finanziare la transizione verde nei Paesi in via di sviluppo. Su un nodo cruciale in vista della COP26 non è stato però finora raggiunto un accordo: il phasing out del carbone e l'eliminazione dei sussidi pubblici alle fonti energetiche fossili. Senza impegni concreti su questi punti, le temperature potrebbero aumentare di 2,7°C entro fine secolo.
Non solo disuguaglianze. Per la prima volta in vent’anni la povertà è in crescita a livello globale. I lavori del G20 si sono concentrati su due temi: la parità di genere e l’accesso al mercato del lavoro. Tra i suoi obiettivi, va ricordato l’impegno (con un processo già avviato al G20 australiano del 2014) di permettere l’ingresso nel mondo del lavoro a 100 milioni di donne in più entro il 2025. Il G20 ha fatto appello al Fondo Monetario Internazionale (FMI) e ai Paesi a più alto reddito perché rafforzino il proprio sostegno alla lotta alla povertà.
Anche il commercio internazionale è stato contagiato dal COVID-19, sebbene gli scambi si siano ridotti meno di quanto accaduto nella scorsa crisi finanziaria. Nel 2021 i flussi di beni sono tornati a crescere e, secondo le ultime stime, dovrebbero riallinearsi con le tendenze pre-pandemiche già nel 2022. Tuttavia, lo stallo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) rimane, anche per la mancanza di un accordo tra i Paesi del G20. Sarà difficile che questa situazione si sblocchi al Summit di Roma: un segnale poco incoraggiante in vista della dodicesima Conferenza Ministeriale dell’OMC che si terrà a Ginevra fra poco più di un mese.
Una delle principali sfide globali è la transizione digitale: le nuove tecnologie offrono grandi benefici, ma c’è il rischio che molti vengano lasciati indietro, come mostra questa mappa. Se in Bahrain e in Islanda il 99% dei cittadini può andare online, in Ciad solo il 5,2%, in Bangladesh il 12,9% e ad Haiti il 32,5%. La pandemia ha contribuito ad allargare il cosiddetto “digital divide”, ovvero la differenza tra chi ha accesso a Internet e chi ne è escluso. Il tema è entrato da poco nell’agenda del G20 e i passi avanti appaiono modesti: non si vale molto oltre gli scambi di best practices e dichiarazioni di intenti (come sul tema della tutela dei minori).
Dopo la pandemia, l’indebitamento pubblico ha raggiunto il picco del 100% del Pil mondiale. Un pericoloso aumento rinvenibile sia nei Paesi ricchi che in quelli poveri. Il G20 ha posticipato il ripagamento dei debiti dei Paesi più poveri fino alla fine del 2021, cercando anche di prevenire possibili default nei Paesi in via di sviluppo. Il G20 ha inoltre invitato il FMI a un intervento senza precedenti che mira anche a supportare la transizione verde dei PVS. Quello della finanza e dell’economia è l’ambito “tradizionale” del G20 e quindi si tratta di risultati significativi: tra questi, non va dimenticato anche l’accordo “storico” per l’adozione di una tassa minima globale. Tuttavia, il rischio di una crisi finanziaria non può ritenersi annullato.
Nel 2020, 281 milioni di persone hanno abbandonato il Paese d’origine per spostarsi altrove, confermando un trend in atto ormai da decenni. In particolare, il numero di migranti verso i Paesi del G20 è raddoppiato in trent’anni. Va comunque segnalato che molti migranti – e sempre più anche per motivi ambientali – si spostano verso altri Paesi in via di sviluppo aggravando una già difficile condizione socioeconomica. La politica migratoria non è un tema tipico del G20 anche se la necessità di un maggiore coordinamento a livello mondiale è davanti agli occhi di tutti.