AGI - Con il covid aumentano i poveri che si devono affidare, spesso per la prima volta, all’aiuto della rete sociale della Chiesa.
Secondo il rapporto annuale della Caritas sulla povertà, nei primi otto mesi del 2021 è aumentato del 7,6% il numero di persone assistite dalla Caritas in Italia rispetto al 2020, anche se nel post pandemia cala l’incidenza dei nuovi poveri (il 37% del totale).
Interessanti i dati sul reddito di cittadinanza, il cui rinnovo è al vaglio del governo: ha sostenuto 3,7 milioni di persone nel corso del 2020 a livello nazionale, uno su cinque (19,9%) fra coloro che si sono rivolti ai centri e servizi Caritas nel 2020.
Tra gli italiani utenti dei centri Caritas l’incidenza dei percettori sale al 30,1%, scende invece al 9,1% tra gli assistiti stranieri. Nelle regioni del Mezzogiorno l’incidenza di chi percepisce la misura è molto più elevata (pari al 48,3%), rispetto alle regioni del Nord (23,4%) e del Centro (8,5%).
Nel 2021 sale la quota di chi vive forme di povertà croniche (27,7%): più di una persona su quattro è accompagnata da lungo tempo e con regolarità dal circuito delle Caritas diocesane e parrocchiali. E preoccupa la situazione dei poveri “intermittenti” (19,2%).
Nel 2020 la rete Caritas ha supportato 1,9 milioni di persone, una media di 286 individui per ciascuno dei 6.780 servizi promossi o gestiti dallo stesso circuito delle Caritas diocesane.
Nei centri di ascolto e servizi in rete le persone incontrate sono state complessivamente 211.233. Delle persone sostenute nell’anno di diffusione del Covid19, quasi la metà, il 44% ha fatto riferimento alla rete Caritas per la prima volta.
Ad emergere, si legge nel rapporto, è “la capacità della comunità dei credenti di farsi carico delle situazioni di marginalità e vulnerabilità affiorate nel corso della pandemia da Covid-19”, che “si è andata a incrociare con le risposte istituzionali offerte a livello nazionale ed europeo, dando luogo ad una serie di triangolazioni positive, che hanno evidenziato una grande capacità di lavorare in rete, assumendo responsabilità diverse ma condivise”.
“Negli ultimi dodici mesi si rafforza lo svantaggio di minori e giovani under 34”, prosegue il libro bianco, perché “da anni ormai la povertà assoluta è strettamente correlata all’età, tende cioè ad aumentare al diminuire di quest’ultima, tanto che l’incidenza maggiore si registra proprio tra bambini e ragazzi under 18”.
La povertà minorile, ribadisce la Caritas, “costituisce infatti la forma più iniqua di disuguaglianza” perché “pregiudica l’oggi e al contempo anche il domani” dei più piccoli e dei ragazzi.
Povertà più diffusa tra le donne
"Delle oltre 200mila persone ascoltate e supportate nell’anno della pandemia, il 50,9% è di genere femminile, il 49,1% maschile". Si sottolinea nel ventesimo Rapporto Caritas sulla povertà.
"Gli stranieri rappresentano poco più della metà (il 52%), seguiti a poca distanza dagli italiani (46,6%), a cui si aggiunge poi una piccola percentuale di persone con doppia cittadinanza e apolidi (1,5%). Tra gli stranieri, l’incidenza degli uomini (50,7%) è leggermente più alta, tra gli italiani al contrario risulta più marcato il peso delle donne (52,7%)", aggiunge.
Crescono i "poveri cronici"
Spinto anche dal covid, aumenta in Italia l'effetto della "povertà cronicizzata", quella da cui non si esce più. Lo sottolinea il ventesimo Rapporto sulla povertà stilato dalla Caritas.
“Cresce la quota di poveri cronici, in carico al circuito delle Caritas da 5 anni e più (anche in modo intermittente), mentre l’età media delle persone incontrate è 46 anni, come prima della pandemia”, vi si legge.
Oltre la metà delle persone che hanno chiesto aiuto, il 57,1 per cento, ha al massimo la licenza di scuola media inferiore, percentuale che tra gli italiani sale al 65,3 per cento.
Esiste insomma “una forte vulnerabilità culturale e sociale, che impedisce sul nascere la possibilità di fare il salto necessario per superare l’ostacolo”.
Una persona su cinque dichiara di percepire il Reddito di Cittadinanza, la misura di contrasto alla povertà introdotta dal governo nel marzo del 2019. Il 30 per cento degli assistiti Caritas italiani ne usufruisce, solo il 9 per cento di quelli stranieri.
Povertà aumenta tra non tutelati e precari
Aumenta la povertà tra i pochi istruiti, ma anche tra i lavoratori non tutelati e precari. Lo scrive la Caritas nel ventesimo Rapporto sulla povertà.
"In termini di capitale formativo ed educativo, i dati sui titoli di studio confermano, come di consueto, la forte correlazione tra stato di deprivazione e bassi livelli di istruzione", si legge, "nel 2020, il 57,1% degli assistiti aveva al massimo la licenza di scuola media inferiore13; percentuale che tra gli italiani sale al 65,3% e che nel Mezzogiorno arriva addirittura al 77,6%".
"Strettamente correlato al livello di istruzione è, infine, il dato sulla condizione professionale che racconta molto delle fragilità di questo tempo", aggiunge, "A chiedere aiuto nell’anno di pandemia non sono state solo persone senza un impiego (i disoccupati pesano per il 41,0%), ma anche un’ampia quota di occupati (25,3%) mai così alta in passato. Stabili e nette appaiono anche in termini professionali le differenze tra assistiti italiani e stranieri".
Tra i primi risulta "molto più alto il peso dei pensionati (18,5%)16 e delle persone inabili al lavoro (5,1%). Tra gli immigrati appare più consistente l’incidenza dei disoccupati (45,2% a fronte del 36,7% degli italiani) e degli occupati (30,9% contro il 19,2% dei nostri connazionali)".
Questi dati, conclude, "sembrano dunque palesare le maggiori difficoltà dei cittadini stranieri a trovare un impiego, e al tempo stesso anche le criticità connesse alla loro occupazione, spesso precaria, sotto-retribuita e irregolare, non sempre in grado di preservare dal rischio povertà. Si può dunque facilmente immaginare che le limitazioni imposte dai vari lockdown abbiano penalizzato, in modo particolare, proprio coloro che partivano da una situazione occupazionale già precaria e scarsamente tutelata".
Difficile ripartire anche per chi ha figli
Si riparte, ma non tutti: dopo il covid e nuovi poveri, quelli creati dalla pandemia, sono riusciti a tornare in una sostanziale normalità solamente per due terzi. Il restante continua a boccheggiare sulla soglia della copravvivenza, e tra loro in particolare chi ha figli soprattutto se piccoli.
"Dei nuovi poveri seguiti nel 2020, le cui richieste di aiuto possiamo immaginare fortemente correlate alla crisi socio-sanitaria legata alla pandemia, oltre i due terzi (esattamente il 70,3%) non ha fatto più ricorso allo stesso circuito di servizi Caritas", si legge nel ventesimo Rapporto della Caritas sulla Povertà.
"È un dato, questo, che si presta a una lettura ambivalente", si precisa subito, "Da un lato non può non essere preso come un chiaro segnale di speranza e di ripartenza; al contempo però non possiamo non occuparci e preoccuparci di quel 29,7% di persone che ancora oggi nel 2021 continuano a non farcela e che rischiano di vedere in qualche modo 'ossificarsi' la propria condizione di bisogno".
Si tratta di "uomini e donne possiamo dire in egual misura, in prevalenza italiani, persone che vivono soprattutto in un’abitazione in affitto da privato, per lo più coniugate o celibi/nubili, con livelli di istruzione medi (prevale la licenza di scuola media inferiore, seguita dal diploma professionale e dal diploma di scuola media superiore), in grandi difficoltà sul fronte occupazionale perché senza un impiego o perché con un impiego che non preserva dal rischio povertà (lavori occasionali, stagionali, informali, sotto-retribuiti)".
Un elemento che "desta particolare preoccupazione è in particolare il dato sull’età: la classe modale (quella che raccoglie infatti l’incidenza più alta di frequenze) è proprio quella dei giovani adulti tra i 18 e i 34 anni, seguita a breve distanza dalla classe 45-54 e da quella 35-44. Età centrali dunque di persone che dovrebbero essere invece nel pieno vigore della propria crescita professionale. Altro elemento critico che in qualche modo ritorna è il tema della genitorialità: tra chi fa ancora fatica risulta alta la quota di chi ha figli, spesso figli minori".