AGI - Si conferma la bassa affluenza alle elezioni parlamentari irachene che si sono tenute ieri. Secondo quanto riporta l'Alta Commissione elettorale indipendente, solo il 41% degli elettori si è recato ai seggi.
Secondo i responsabili della commissione si tratta di una delle più basse affluenze da anni. Gli analisti politici, interpellati dai media locali, interpretano questa bassa partecipazione come una sostanziale sfiducia nei leader politici e nel sistema democratico introdotto dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003. I partiti sciiti e in particolare quello del religioso populista di Moqtada al-Sadr che si oppone a tutte le interferenze straniere sono in testa ai sondaggi. A contrastarli sono altri gruppi sciiti alleati dell'Iran. Un tale risultato non altererebbe drasticamente l'equilibrio di potere in Iraq o nel Medio Oriente.
Per gli iracheni però ciò significherebbe che un ex leader dell'insurrezione e islamista conservatore aumenterebbe la sua influenza sul governo. Un ruolo minore sarà giocato anche dai partiti curdi, che governano la regione autonoma del Kurdistan, e dai sunniti che, questa volta, hanno due blocchi principali.
Le lunghe trattative per definire le alte cariche
Ai risultati seguiranno, se si ripeterà il copione delle ultime elezioni, lunghe trattative per definire le più alte cariche nazionali: presidente, primo ministro e membri del governo.
Il primo ministro Mustafa al-Kadhimi non si è candidato alle elezioni, ma i negoziati dopo il voto potrebbero vederlo ottenere un secondo mandato. Kadhimi, che è considerato amico dell'Occidente, non ha un partito che lo sostenga. L'Iraq è più sicuro di quanto non lo sia stato da anni e il settarismo violento è meno comune da quando l'Iraq ha sconfitto lo Stato islamico con l'aiuto di una coalizione militare internazionale e dell'Iran. Ma la corruzione e la cattiva gestione hanno fatto sì che molti dei 40 milioni di iracheni non abbiano lavoro, assistenza sanitaria, istruzione ed elettricità.
Ahmed Younis, analista politico con sede a Baghdad, ha affermato che molti iracheni vedono il sistema di governo post-Saddam Hussein basato sulla condivisione del potere confessionale, come un fallimento. E la corruzione radicata e il crescente potere delle milizie incontrollate hanno aggravato la disillusione. “Il boicottaggio, alla fine, è inevitabile ed è quello che è successo alle elezioni di ieri”, ha detto Younis. Secondo la commissione elettorale, almeno 167 partiti e più di 3.200 candidati sono in competizione per i 329 seggi del parlamento.