AGI - Angela Merkel deve rinviare i suoi progetti di “riposo e letture”: due giorni dopo le elezioni, che hanno sancito la frammentazione della politica tedesca non più solo polarizzata nei due partiti storici, i socialdemocratici e i democristiani, appare chiaro a tutti che la sua permanenza al palazzo della cancelleria di Berlino è destinata a prolungarsi.
Fino a che il Bundestag appena rinnovato non avrà nominato un nuovo capo del governo, la legge prevede che la cancelliera uscente continui a esercitare le sue responsabilità, rispettando in particolare l’agenda e gli appuntamenti internazionali. Molto probabilmente sarà dunque ancora lei a guidare la delegazione di Berlino al vertice G20 di Roma, a fine ottobre.
L’ultima sua immagine risale a domenica sera, in turchese con mascherina nera sul palco della sede berlinese della Cdu, di fianco a un Armin Lascher il cui volto non riusciva a mascherare la delusione per la sconfitta elettorale, in contrasto con le parole che pronunciava rivendicando comunque per se’ l’incarico per cercare di formare una maggioranza.
Merkel lo ha sostenuto, pur se alla sua maniera e senza troppo entusiasmo, durante la campagna elettorale, soprattutto alla vigilia del voto; ma ora si è tirata fuori dalle dispute post elettorali interne al partito e, poiché non si è ricandidata, non sarà più in Parlamento: questo giustifica la sua assenza dalle riunioni di questi giorni.
Del resto, come ha detto all’Agi la politologa Christiane Liermann, “il crollo democristiano dopo la lunga fase del governo Merkel ci rivela che il consenso era per la persona e non per il partito, con cui peraltro la cancelliera non aveva mai avuto un rapporto intenso come era stato in passato per Helmut Kohl o addirittura per Konrad Adenauer".
Secondo l'analista di Villa Vigoni, "Merkel ha quindi la sua parte di responsabilità per il deludente risultato di Cdu-Csu in queste elezioni: non ha creato ne’ un terreno fertile per un successore ne’ ha adato al partito un profilo riconoscibile, imprimendogli una sorta di lenta socialdemocratizzazione”.
Anche se non è previsto che nel prossimo periodo il governo vada molto oltre la ordinaria amministrazione, i tempi per la formazione di un nuovo esecutivo possono essere anche molto lunghi, non essendo prevista una scadenza dalla legge. Nel 2017, il fallimento di una coalizione a tre fra Cdu, liberali e verdi, aveva allungato a quasi sei mesi il periodo di “limbo politico” di Berlino.
Ora tutti i protagonisti auspicano che il governo si insedi prima della fine dell’anno, fra l’altro anche per consentire alla Germania di diventare presidente di turno del G7, nel 2022, con un governo pienamente operativo. Oltretutto, il presidente federale Frank-Walter Steinmeier, colui che deve individuare il cancelliere che ha più probabilità di trovare una maggioranza di governo e conferire l’incarico, è in scadenza: nel marzo 2022 il Parlamento dovrà decidere se riconfermarlo o se ci sarà un successore.
Quel che è certo, è che se il governo attuale rimarrà in carica oltre il prossimo 17 dicembre, Angela Merkel, al potere dal novembre 2005, batterà il record di permanenza alla cancelleria, precedentemente detenuto dal “traghettatore” dell’unificazione della Germania, Helmut Kohl, in carica dal 1982 al 1998 per 16 anni e 26 giorni.