AGI - Un tempo lo chiamavano “Scholzomat”, per quel suo modo robotico di rispondere alle domande dei giornalisti. Il soprannome gli è rimasto appiccicato, al ministro delle Finanze socialdemocratico oggi favorito nella corsa a succedere ad Angela Merkel in Germania: ma se in passato era considerato un difetto, oramai il suo essere un po’ noioso come la cancelliera, un iper-pragmatico che non esce mai dai gangheri, si è tramutato in una delle chiavi del suo inatteso successo. Gli analisti concordano: rassicurante e tranquillo, paradossalmente è l’ex borgomastro di Amburgo l’uomo della continuità con la cancelliera venuta dall’est.
Lui non cerca di nasconderlo, anzi: ha fatto il giro del mondo il ritratto fotografico in cui è immortalato mentre mima l’iconico gesto delle mani “a triangolo rovesciato” di Merkel, oppure lo slogan “sa fare la cancelliera” che campeggia sui manifesti elettorali.
La vera sorpresa di questa campagna elettorale
Pur essendo una vecchia volpe della politica tedesca, Olaf Scholz è sicuramente “l’inatteso”: per il direttore della Zeit, Giovanni Di Lorenzo, “appare un miracolo politico che Scholz, all’inizio bollato come perdente, possa finire primo”. In effetti, fino a poco tempo fa il partito socialdemocratico era la Cenerentola delle elezioni, quella che non si schiodava mai dal 15% dei consensi, dietro non solo alla Cdu/Csu – al governo da ben 16 anni sotto le insegne merkeliane – ma finanche ai Verdi, protagonisti di uno spettacolare boom.
Improvvisamente, le sorti si sono invertite: mentre i concorrenti hanno cominciato ad annaspare tra errori e gaffes, la Spd sotto Scholz ha scansato tutti gli ostacoli e ha potuto mettersi in scena come il partito capace di realizzare al tempo stesso il cambiamento e la stabilità. I sondaggi finora gli hanno dato ragione: il partito che fu di Brandt e di Schmidt è stabilmente al 25% dei consensi, staccando i conservatori di tre o quattro punti e relegando i Verdi al terzo posto.
La carriera politica
Eppure la traiettoria di Scholz era cominciata con una sconfitta, quando nel 2019 era stato battuto dalla coppia Saskia Esken e Norbert Walter-Borjans nella sfida per la guida del partito. D’altronde, l’esperienza politica non gli manca: nato 63 anni fa ad Amburgo, prim’ancora degli studi di giurisprudenza, il giovane Scholz si iscrisse agli Jusos, l’associazione giovanile dei socialdemocratici, nel 1975, quando ancora frequentava il ginnasio, fino a diventarne negli anni ottanta il vicepresidente.
Eletto deputato al Bundestag nel 1998, è stato tra l’altro segretario generale della Spd quando cancelliere era il socialdemocratico Gerhard Schroeder, per diventare poi ministro al lavoro dal 2007 al 2009, nella Grosse Koalition a guida Merkel.
Sindaco di Amburgo dal 2011 al 2018, è si ritrovato in questa veste al centro di forti polemiche dopo che al vertice del G20 nella città anseatica si erano scatenati furiosi scontri provocati da black bloc. Nel 2018 aveva guidato in funzione commissariale la Spd, dopo la traumatica sconfitta di Martin Schulz alle elezioni dell’anno precedente.
La linea come ministro delle Finanze
Fatto sta che la formula di una Spd “di lotta e di governo” in questa fase sembra aver fatto presa: da ministro delle Finanze, Scholz ha assicurato ai tedeschi cifre multimiliardarie per sostenere l’impatto della pandemia; al tempo stesso è stato rapido nell’abbandonare il dogma dello ‘zero nero’, ossia della disciplina del bilancio in pareggio, così come ha pienamente sostenuto il Recovery Plan per l’Europa lanciato dalla cancelliera insieme al presidente francese Emmanuel Macron.
E’ riuscito ad incassare la riforma della pensione minima ed oggi ha dunque gioco facile nel rendere credibile la sua proposta – che martella ad ogni comizio e ad ogni duello televisivo – dell’aumento del salario minimo a 12 euro. La sua campagna elettorale – concertata insieme al segretario generale Lars Klingbeil e al capogruppo al Bundestag Ralph Muetzenich – è stata scandita soprattutto dai temi sociali: pensioni stabili, l’aumento del salario minimo a 12 euro, mentre alla lotta ai cambiamenti climatici riserva un’attenzione piuttosto ‘vivace eppur temperata’.
E gli scandali finanziari Wirecard o Cum-Ex, oppure le perquisizioni del ministero delle Finanze per una questione di mancato controllo nei confronti dell’agenzia incaricata di combattere il riciclaggio? Affrontati con un’olimpica alzata di sopracciglia, i sondaggi non sembrano averne preso nota. La domanda che ora tutti si pongono è semplice: riuscirà a Scholz di spezzare quello che sembrava il destino segnato dei socialdemocratici, quello di un inarrestabile declino al termine di una storia ultra-centenario, e traghettare la Germania nei territori inesplorati della fine dell’era Merkel?