AGI - Una 26enne di Coventry affetta da sindrome di Down, ha perso una causa davanti all'Alta corte di Londra contro l'attuale legge sull'aborto che, secondo lei, sarebbe discriminatoria nei confronti delle persone nelle sue condizioni. Secondo la donna, Heidi Crowter, permettere l'interruzione della gravidanza fino alla nascita se il feto ha la sindrome di Down stigmatizza le persone che soffrono di questa disibilità.
La legge in vigore, promulgata nel 1967, stabilisce che in Inghilterra esiste un limite di tempo di 24 settimane per poter abortire a meno che non ci sia un "rischio sostanziale" che il bambino sia portatore di una disabilità. Durante un'udienza a luglio, la donna aveva sostenuto che tutto ciò interferiva con i diritti sanciti dalla Convenzione europea sui diritti umani (ECHR) e, più in generale, "i diritti alla dignità, all'autonomia e allo sviluppo personale".
L'istanza, però, è stata respinta da due giudici che hanno stabilito come la legislazione attuale miri a trovare un equilibrio tra i diritti del nascituro e quelli delle donne. Nella sentenza, i due scrivono che "le questioni che hanno dato origine a questo ricorso sono altamente sensibili e talvolta controverse. Generano forti sentimenti, da tutte le parti del dibattito, comprese alcune evidenti differenze di vedute su questioni etiche e religiose. Questa corte non può entrare in queste controversie".
In più hanno spiegato che "la capacità delle famiglie di fornire a un bambino disabile un ambiente accogliente e di sostegno varia in modo significativo. L'evidenza è anche chiara che, anche di fronte agli ultimi sviluppi scientifici in tema di identificazione, ci sono ancora condizioni che possono essere riscontrate solo in ritardo durante una gravidanza, ben dopo le 24 settimane".
Crowter ha dichiarato fuori dall'aula che quello di oggi è stato un giorno "triste" ma ha promesso di continuare nella sua lotta. "I giudici e il governo potrebbero non pensare che questa legge mi discrimini ma io vi dico che mi sento discriminata e il verdetto non cambia quello che io e migliaia di persone della comunità della sindrome di Down sentiamo", ha aggiunto.