AGI - Arriva dall’esperienza di una donna di 83 anni il messaggio più potente nell’era del #MeToo. In un articolo pubblicato su Air Mail e rilanciato dai giornali in tutto mondo, Diana de Vegh ha deciso di raccontare nei minimi dettagli uno scomodo segreto che ha tenuto nascosto per decenni: la sua storia d’amore con il presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy.
“Una giovane donna con un grande uomo - ha esordito - l’epilogo è scontato: col cuore spezzato lei, nessuna assunzione di responsabilità da parte di lui”. In un’intervista al New York Post, seguita alla pubblicazione di quello che è, a pieno titolo, un saggio femminista, de Vegh racconta perché ha voluto rendere pubblica la sua esperienza: nonostante i progressi conquistati dal femminismo e dal movimento #MeToo, ancora tante giovani donne si consacrano al potente di turno, finendo in relazioni tossiche con uomini più anziani e innescando dinamiche di potere rovinose.
“Tutta questa idea che gira intorno al concedere o ottenere uno status privilegiato - ha dichiarato la donna - della serie “vieni a letto con me e io ti renderò speciale” l’abbiamo vista parecchio con Harvey Weinstein, Roger Ailes e nello show business in generale.” Diana de Vegh è oggi un’affermata psicoterapeuta che vive e lavora nel famoso Village di New York e raccoglie quotidianamente gli sfoghi delle sue pazienti, ma sa bene di cosa parla soprattutto per esperienza personale.
La liaison con Kennedy, iniziata nel 1958 quando lei aveva appena vent’anni e lui già quaranta, durò quattro anni e lasciò un segno indelebile nella giovane donna. Il ricordo di quegli anni ha infatti poco o niente di romantico, suona piuttosto come un monito nei confronti delle giovani generazioni. “Sono vecchia abbastanza da guardare con disincanto e compassione al perché mi sono fatta irretire – scrive de Vegh - e al perché ancora oggi è così facile, per tante di noi, abbandonare ciò che siamo per rincorrere il canto delle sirene del benessere e del prestigio”.
Kennedy e de Vegh si erano conosciuti quando lei andava ancora al College a Cambridge, nel Massachusetts, e lui si trovava in campagna elettorale a Boston per la rielezione a senatore. Al termine di uno dei suoi discorsi pubblici, in una sala da ballo, le si era avvicinato apostrofandola: “Mi faccia posto, così un vecchio uomo stanco potrà sedersi di fianco a una bella ragazza”. Da lì iniziò la storia. “Avevo vent’anni, un bel po’ di ormoni ed ero follemente innamorata di questo uomo” ricorda de Vegh.
Kennedy era già sposato con Jackie, che però non partecipava mai agli eventi nelle città minori, quindi era relativamente semplice incontrarsi in quelle occasioni. Gli amanti di solito si vedevano segretamente nell’appartamento di Kennedy a Boston oppure all’hotel Carlyle di New York.
Quando divenne presidente, JFK chiese a de Vegh di trasferirsi a Washington dove sarebbe stato più facile frequentarsi e dove la donna trovò lavoro.
Il suo primo incarico fu a Capitol Hill, la sede del governo americano, e pare sia stato proprio Kennedy a sponsorizzarla per quel posto. In seguito finì a lavorare direttamente alla Casa Bianca per il Consiglio di sicurezza nazionale. Quando Jackie non era nei paraggi, si incontravano perfino nella camera da letto matrimoniale. Nel 1962 però la storia giunse al termine perché Kennedy si rese conto di avere, fra i suoi consiglieri, il padre di de Vegh che in tanti, nel suo cerchio ristretto di collaboratori, conoscevano e stimavano. Di quello stesso periodo sono le voci sulle scappatelle presidenziali con aristocratiche svedesi, stagiste della Casa Bianca e con Marilyn Monroe. Kennedy realizzò che era un azzardo continuare a vedere Diana e spedì la giovane donna, col cuore a pezzi, a Parigi. Il presidente fu assassinato esattamente un anno dopo il loro ultimo incontro.
Diana de Vegh si è poi stabilita a New York e ha scelto tutta un’altra carriera, ma si ricorda ancora bene dopo tanti anni la sofferenza provata. “Al tempo ero giovane e accecata dall’amore - scrive de Vegh - adesso sono vecchia e cieca. Lasciatemi dire quale delle due versioni di me preferisco: senza alcun dubbio quella vecchia e cieca”.
L’esperienza col presidente ha sicuramente segnato la giovane Diana, ma le ha anche dato lo spessore per capire le altre donne. A distanza di sessant’anni la sua voce è entrata con prepotenza nel dibattito femminista, arricchendo l’attuale ricerca di una nuova consapevolezza da parte delle donne.