AGI - La crisi in Afghanistan rischia di avere ripercussioni anche su altri teatri in crisi: il fallimento degli Stati Uniti risuona infatti come musica nel Sahel, in particolare in Mali, dove, come in Afghanistan, l'interventismo occidentale non riesce a contrastare l'insurrezione jihadista. Un quadrante che vede dispiegato sul terreno, oltre a un folto numero di soldati francesi, anche un nutrito contingente italiano.
Sul futuro del Mali, travolto dai tumulti dell'indipendenza e dalle insurrezioni jihadiste del 2012, regna ancora la più grande incertezza: il Paese fatica a trovare una normalizzazione e vive una complessa situazione, soprattutto nel Nord e nel centro, dove operano diversi gruppi terroristici locali.
Una situazione peggiorata con i due recenti colpi di Stato, nell'agosto 2020 e nel maggio 2021. I militari che hanno preso il potere si sono impegnati a lasciare il posto ai civili dopo le elezioni previste per il febbraio 2022; ma adesso, a sei mesi dalla scadenza, cresce lo scetticismo sul rispetto di quell'impegno e si levano voci a favore di un prolungamento della transizione.
Un altro 'ritiro' pericoloso
In questo contesto, proprio alla luce di quanto accade in questi giorni in Afghanistan, in molti si chiedono se con l'annunciata partenza delle truppe francesi che fanno parte della missione Serval, poi denominata Barkhanè, i gruppi jihadisti potranno arrivare a Bamako e conquistarne il potere. Proprio come in Afghanistan, in Mali, un'altra insurrezione islamista ha eroso le truppe regolari per otto anni nonostante il sostegno dei partner internazionali, tra cui la Francia, in prima linea dal lancio dell'Operazione Serval, estesa al Sahel e ribattezzata appunto Barkhane nel 2014.
Il fallimento degli americani contro i talebani ha ringalluzzito Iyad Ag Ghali, che non ha aspettato neppure la presa di Kabul per salutare la vittoria dei talebani: non parlava dal novembre 2019 e il leader jihadista del Gruppo di supporto per l'Islam e i musulmani (GSIM, affiliato ad Al-Qaeda), martedì 10 agosto ha diffuso un messaggio audio in cui rendeva omaggio all'"Emirato islamico dell'Afghanistan, dopo il ritiro delle truppe di invasione"; un capovolgimento che, ha sentenziato, "è il risultato di due decenni di pazienza". Non è un caso: quando GSIM fu creato nel 2017, Iyad Ag Ghali promise fedeltà ad Al-Qaeda, ma anche agli islamisti afghani. I talebani, come i combattenti del Sahel, fanno parte della stessa nebulosa.
L'intervento anti-terrorista francese
È cominciato nel gennaio 2013 su richiesta del governo maliano e su mandato delle Nazioni Unite. E il 17 gennaio 2013 i ministri degli Esteri dell’Unione Europea, hanno approvato la missione di assistenza militare (la European Union Training Mission – Mali) con compiti di addestramento, formazione e supporto logistico alle all'esercito del Mali. E proprio nei giorni scorsi Nils Schmid, responsabile Esteri della Spd, ha avvertito: "Dall'Afghanistan dobbiamo trarre una lezione: facciamo attenzione alla missione Ue di addestramento dell'esercito in Mali".
Risale all’aprile 2019 la richiesta del Capo di Stato Maggiore francese agli omologhi europei per la realizzazione di una forza multinazionale (denominata TF-TAKUBA) composta da elementi del comparto Operazioni Speciali (OS) dei paesi europei sul modello CJSOTF. L’articolazione operativa, in via di costituzione, è chiamata a fornire attività di consulenza, assistenza e mentorship alle forze armate maliane nella lotta al terrorismo fino a quando queste non saranno in grado di operare autonomamente.
L’area di operazione è individuata ad est del fiume Niger, nella zona dei “tre confini” (Mali, Niger, Burkina Faso) chiamata Liptako-Gourma. Il 16 giugno 2020, nell’ambito della proroga e avvio nuove missioni per l’anno 2020 (ex. L145/16), è stata approvata la partecipazione della difesa italiana alla citata Coalizione Internazionale di contrasto alla minaccia terroristica nel Sahel.
Il ruolo dell'Italia
L'Italia è presente nel territorio con l'EUCAP SAHEL Mali (European Union Capacity Building SAHEL MALI): lo schieramento militare italiano che dovrebbe essere completato entro la fine del 2021 prevede un numero massimo di duecento soldati, venti mezzi terrestri e otto elicotteri.
La missione è un contributo allo sforzo dell’Unione europea per la stabilità e le riforme istituzionali del Mali, e vuole contribuire alla piena restaurazione dell’autorità statale sul Paese. La missione fornisce consiglio strategico e addestramento alle tre forze di sicurezza del Mali, pertanto la Polizia, la Gendarmerie e la Guardia Nazionale si coordinano con i partner internazionali. Il 15 gennaio 2015 , a seguito della crisi nel Mali in atto dal 2013, il Consiglio Europeo ha lanciato la missione civile EUCAP SAHEL – MALI in base alla politica Common Security and Défense Policy (CSDP) per supportare le forze di sicurezza Maliane.
EUCAP Sahel Mali è un contributo ulteriore allo sforzo EU verso la stabilità, riforme istituzionali del Mali e la piena restaurazione dell’autorità statale sul paese. La missione supporta il Mali nell’assicurare l’ordine democratico e costituzionale, e la realizzazione delle condizioni per una pace duratura, oltre al mantenimento dell’autorità statale nel paese. La missione fornisce consiglio strategico e addestramento per le tre forze di sicurezza del Mali, cioè la Polizia, la Gendarmerie e la Guardia Nazionale, e si coordina coi partner internazionali.
Il presente e il futuro del Mali
Il Mali, colpito da una grave crisi politico-istituzionale che è culminata nel colpo di stato militare del marzo 2012 sta vivendo un lento, difficoltoso e mai completamente realizzato processo di normalizzazione.
La situazione nel tempo è andata deteriorandosi a causa del concatenarsi di numerosi fattori destabilizzanti, quali un’indiscriminata attività di gruppi terroristici, l’attiva presenza di fazioni autonomiste, il perpetrarsi di violenze su larga scala contro la popolazione, lo svolgimento di attività criminose a medio e largo raggio, e una crisi umanitaria di dimensioni drammatiche, caratterizzata da esodi di massa e da emergenze alimentari e sanitarie.
La crisi maliana, acuita dalla carente azione delle locali autorità governative, ha provocato - riporta la Difesa italiana nel tracciare il suo impegno nella missione internazionale - una "decisa presa di posizione da parte della comunità internazionale, sia a livello istituzionale che di singoli Stati membri", che ha avuto la sua più compiuta espressione con la Risoluzione n. 2085 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che assicurava il proprio supporto a ogni iniziativa locale e regionale mirata al contenimento della crisi, fornendo assistenza alle autorità di Bamako.
In risposta a una esplicita richiesta di aiuto del governo Maliano, la Francia ha deciso un intervento militare unilaterale, che con l’Operazione “Serval” ha visto l’impiego di oltre 2.000 soldati.
Il 17 gennaio 2013 i ministri degli Affari esteri dell’Unione Europea, in attuazione della Risoluzione UN n. 2085, hanno approvato appunto la missione di assistenza militare denominata “European Union Training Mission – Mali” (EUTM – Mali) con compiti di addestramento, formazione e supporto logistico alle Forze armate governative dello Stato del Mali.
Così, mentre il 18 gennaio 2013 prendeva avvio la missione internazionale di sostegno per il Mali, a guida africana, denominata “African - led International Support Mission to Mali” (AFISMA), sotto egida delle Nazioni Unite, il 18 febbraio il Consiglio dell’Unione Europea ha dato l’avvio alla missione di addestramento EUTM – Mali.