AGI - L'esercito israeliano (Idf) sta accelerando i piani operativi per colpire il programma nucleare iraniano, alla luce della "marcia" della Repubblica islamica verso l'atomica e lo stallo dei negoziati tra Washington e Teheran sul nucleare. Lo ha dichiarato il capo di Stato maggiore dell'esercito israeliano Aviv Kohavi, come riportano i media israeliani.
"I progressi del programma nucleare iraniano hanno portato Idf ad accelerare i suoi piani operativi e il bilancio della Difesa, approvato di recente, è destinato a questo", ha detto. Le parole di Kohavi arrivano mentre il premier israeliano, Naftali Bennett, è atterrato negli Stati Uniti per colloqui col presidente Joe Bide e altri alti funzionari dell'amministrazione americana.
Un simile allarme è stato lanciato anche dal ministro della Difesa, Benny Gantz. Parlando a diplomatici stranieri, ha avvertito che l'Iran è "a soli due mesi dall'acquisire i materiali necessari per un'arma nucleare" e per questo la comunità internazionale deve trovare "un piano B" rispetto ai colloqui di Vienna "per fermare la marcia di Teheran verso l'arma atomica".
Il viaggio di Bennett negli Usa
Il premier israeliano Naftali Bennett è intanto atterrato negli Usa con un'agenda chiara: la minaccia principale è l'Iran e il suo programma nucleare che deve essere bloccato e su questo continuerà a fare pressioni sull'alleato americano.
Quanto ai palestinesi, non intende annettere la Cisgiordania, come aveva annunciato il suo predecessore Benjamin Netanyahu da Washington un anno e mezzo fa alla presentazione del 'Piano del secolo' Usa per il Medio Oriente, ma non intende neanche permettere la costituzione di un loro Stato indipendente.
Il premier israeliano è alla sua prima visita di Stato all'estero da quando è entrato in carica a giugno. Il tempismo non è eccellente per nessuno dei due leader: Joe Biden è preso dal ritiro dall'Afghanistan, sotto il fuoco delle critiche interne ed esterne per le caotiche operazioni di evacuazione da Kabul, e Bennett lascia il Paese mentre è risalita la tensione con Hamas e una nuova ondata di Covid ha portato a un numero record di casi.
Il leader nazionalista in un'intervista al New York Times, ha messo in chiaro le sue priorità: la questione centrale che gli sta a cuore resta l'Iran, il suo programma nucleare e l'espansionismo regionale, temi sui quali intende fare pressioni durante la visita a Washington, negli incontri in programma: oggi con il capo del Pentagono Lloyd Austin, il segretario di Stato Usa Antony Blinken e il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan, mentre domani l'attende Biden alla Casa Bianca.
A proposito della minaccia iraniana, nei giorni scorsi Bennett ha annunciato la presentazione alla Casa Bianca di "un piano ordinato formulato negli ultimi due mesi per contenere" la Repubblica islamica "sia in ambito nucleare che rispetto alla sua aggressione alla regione". "Dirò al presidente Biden che è tempo di fermare gli iraniani, non di dare loro un'ancora di salvezza sotto forma di ritorno a un accordo nucleare scaduto. Non è più rilevante, nemmeno per gli standard di coloro che una volta pensavano che lo fosse", ha aggiunto, mettendo l'accento sul nuovo corso di Israele, impegnato nella formazione di "una coalizione regionale di Paesi arabi ragionevoli" che insieme a lui "respinga e blocchi questa espansione e questo desiderio di dominazione" da parte di Teheran.
Quanto alla questione palestinese, la composizione quanto mai eterogenea dell'esecutivo israeliano non permette iniziative diplomatiche drastiche. "Questo governo non annetterà né formerà uno Stato palestinese, lo capiscono tutti. Sono il primo ministro di tutti gli israeliani e quello che faccio ora è trovare compromessi, come possiamo concentrarci su ciò su cui siamo d'accordo", ha sottolineato. Il governo del 'cambiamento', che dopo dodici anni ha mandato a casa Benjamin Netanyahu, è sostenuto da otto partiti che vanno dalla sinistra radicale di Meretz fino alla destra ultra-nazionalista di Yamina, con l'aggiunta del partito islamista conservatore Ra'am, la prima volta per un partito arabo-israeliano.
Bennett ha confermato che intende continuare a sostenere "la crescita naturale" degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e ha ribadito che Gerusalemme resta la capitale indivisibile di Israele ma non ha voluto commentare l'intenzione dell'amministrazione Usa di riaprire il consolato a Gerusalemme che si occupava degli affari palestinesi, chiuso da Donald Trump.
Partendo da Tel Aviv alla volta di Washington, il premier israeliano ha messo l'accento su "un nuovo spirito di cooperazione" che porta con sé: "Non ho dubbi che questo ha contribuito, e continuerà a contribuire, alla sicurezza di Israele". Rispetto al suo predecessore Netanyahu - che si scontrò duramente con Barack Obama in merito all'accordo sul nucleare, prima di vivere una luna di miele con Trump - Bennett intende evitare simili conflitti: "C'è una nuova dimensione qui, nuovi modi per affrontare i problemi, essere molto realistici, molto pragmatici ed essere ragionevoli con gli amici", ha sottolineato.