AGI - La crisi in Afghanistan si poteva evitare, “un altro epilogo era possibile”, di certo “è stata una debacle dell’Occidente. Ma non possiamo trasformarla in una abiura. Sarebbe un errore ancora più grave”. Il commissario europeo per l’economia Paolo Gentiloni sceglie il palco del Meeting di Cl a Rimini per affrontare la crisi afghana. E lanciare un appello ai paesi della Ue: ‘”non troviamo alibi”, “ci dobbiamo fare carico di reagire, tutto l’Occidente deve farlo”.
I toni sono decisi: “non possiamo buttare a mare il lavoro fatto negli ultimi vent’anni. Per l’ex premier l’Unione Europea deve "dare un contributo serio all’accoglienza e alla gestione dei rifugiati". E chiarisce un elemento fondamentale: “Per accogliere i profughi dell’Afghanistan non serve che tutti i paesi dell’Unione Europea siano d’accordo. E’ qualcosa che si può decidere a maggioranza” assicura.
Per Gentiloni si tratta di un "dovere" dell'Ue "di lavorare su accoglienza e quote di immigrazione legale di afghani. E credo abbia il dovere di farlo anche togliendosi l’alibi dell’unanimità nelle decisioni". Si sa già che "Ci saranno sempre 4-5 paesi contrari. Ma questo si può fare e si deve fare con quello che le regole europee definiscono cooperazione rafforzata, la protezione temporanea si decide a maggioranza e non all’unanimità”.
Con buona pace di chi, come, per esempio, il presidente ungherese “Orban e altri leader europei non saranno d’accordo” aggiunge.
La situazione afghana è tale che "non possiamo voltarci dall’altra parte”: “Abbiamo visto tutti le scene ripugnanti all’aeroporto di Kabul che dimostravano che ci sono centinaia di migliaia, forse milioni di persone che vogliono scappare da quella dittatura".
L’altra considerazione da fare, per il commissario Ue è che “Il progressivo ritrarsi degli Usa può lasciare spazio ad altre potenze che non hanno i nostri valori civili” ecco perché bisogna accelerare sul fronte della Difesa comune europea. "C'è già una limitata forza comune europea, parliamo di 5mila unità quindi molto limitata. Il problema è che siccome si aprono dei vuoti bisogna accelerare le decisioni europee affinché questi vuoti vengano riempiti. Se vogliamo essere rilevanti su scala globale dobbiamo esserlo a livello europeo, non dobbiamo ostacolare una difesa europea. Dalla crisi in Afghanistan dobbiamo trarre la conclusione che serve una difesa europea.
Gentiloni interviene a tutto campo, parla dell'Europa ma anche della prova enorme che si trova ad affrontare la politica in Italia con il Pnrr.
Parlando dei fondi europei a disposizione sottolinea che "Abbiamo davanti una sfida che va vissuta come una missione nazionale di tutti i partiti, le forze sociali, quelle culturali. A mio avviso – è il timore - non ce l’abbiamo ancora chiara la situazione. Il dibattito italiano non tiene ancora conto dell’opportunità e dei rischi di fallire questa occasione”. Siamo davanti", ha proseguito, "all’autunno più importante in termini economici in Italia da 30 anni. E non mi pare che ce ne rendiamo conto. Abbiamo chiaro la posta in gioco dei prossimi mesi, non dei prossimi anni”, delle riforme che andranno fatte. Fino a questo momento comunque il giudizio su come l’Italia stia gestendo il Pnrr è positivo “ma attenzione – avverte - perché il pre-finanziamento di 26 miliardi, che è una specie di finanziaria, riguardavano un programma e non i risultati ottenuti. I prossimi riguarderanno i risultati ottenuti”. "Fin qui bene dunque, ma da qui alla fine dell'anno ci sono 52 obiettivi, 2 o 3 riforme importanti da approvare in Parlamento. Tanta roba".
Poi scherza, ma non troppo: "sarò io, pensate un po' quello che dovrà dire ok lo stiamo facendo, non lo stiamo facendo" dice riferendosi alle riforme che l'Italia dovrà fare per avere le successive tranche del Pnrr. "Dovrei chiedere asilo politico in Belgio, che non l'ideale. E' un Paese accogliente, ma insomma...' ironizza.
Il momento insomma è delicatissimo per il nostro paese e l’invito di Gentiloni, anzi “l’appello” è a concentrare tutti gli sforzi sui “vaccini” anche con il green pass, che per lui deve essere "obbligatorio nei luoghi di lavoro", e sulla “sfida economica e lasciamo da parte le discussioni a cui ci appassioniamo e che durante l'emergenza credo dovrebbero passare in secondo piano". Tra queste, la polemica nata dopo le parole del presidente di Confindustria Carlo Bonomi sulle delocalizzazioni. Nei suoi confronti un affondo: “non ho apprezzato molto i toni usati da Bonomi”. Giusto chiedere di discutere sul tema della delocalizzazione “ma evitando attacchi al governo che ho trovato fori luogo in questo momento".