AGI - “Ho chiesto alla Russia di contribuire nei colloqui con i talebani affinché venga favorita l’evacuazione delle forze locali in Afghanistan che hanno lavorato per tanti anni al nostro fianco”. Nella sua ventesima missione a Mosca nei panni di cancelliera, Angela Merkel ha rivolto una richiesta molto esplicita al presidente russo Vladimir Putin: la Russia contribuisca a intervenire con tutto il suo peso nei propri contatti diretti con i Taliban per portare fuori dal Paese “il maggior numero possibile” di quelle forze locali che negli anni hanno lavorato fianco a fianco con i diplomatici, i militari, i politici tedeschi di stanza a Kabul all’interno della missione Nato.
“E’ un momento molto frustrante vedendo che sono tornati i talebani e che controllano il Paese”, scandisce la cancelliera nella conferenza stampa a fianco del capo del Cremlino, svoltasi al termine di un lungo faccia a faccia tra i due, tanto da far slittare la conferenza stampa di quasi un’ora. Forse l’ultimo, dato che con le prossime elezioni di settembre, è pressoché terminato il lungo mandato – ben sedici anni - dell’ex ‘ragazza dell’est’ alla cancelleria. Nella fattispecie, Merkel ha voluto indicare al presidente russo di far presente ai nuovi potenti di Kabul “che una collaborazione sugli aspetti umanitari sia una via più percorribile” se gli afghani che hanno lavorato per le strutture militari e politiche dell’Alleanza atlantica “potranno lasciare il Paese”. Per il resto, la cancelliera – riecheggiando quell'“abbiamo sbagliato tutti” pronunciato pochi giorni fa - ha ribadito il suo bilancio negativo su vent’anni di missione in Afghanistan: sebbene si sia riusciti “a ridurre” l’acuto rischio di terrorismo proveniente, nel complesso “gli obiettivi che ci eravamo prefissati non sono stati raggiunti”.
È lo stesso Putin a richiamarsi alla comunità internazionale che deve impegnarsi per scongiurare il “collasso” dell’Afghanistan, cercando di mettersi alle spalle l’approccio “irresponsabile” dell’Occidente, che “ha tentato di portare dall’esterno i suoi valori”, sottintendendo che è proprio questo modello ad essere fallito: “Io credo che sia questa la lezione dell’Afghanistan”. Allo stesso tempo, il presidente russo avverte che “i terroristi” potrebbero riversarsi nei Paesi vicini, per esempio sotto le mentite spoglie di profughi. E si è rivolto agli stessi talebani: “Non devono oltrepassare i confini del Paese”, ha scandito il capo del Cremlino, questo è “di importanza cruciale”. Il fatto, insiste il presidente, è che “i talebani controllano quasi tutto l’Afghanistan, bisogna prenderne atto e partire da questo”. Pertanto, questa la sua valutazione, “è necessario partire dalla consapevolezza che i talebani sono al potere per evitare la disintegrazione”.
D’altronde Putin – sia pur con i suoi consueti modi glaciali - mostra di non voler infierire sulle performance americane: “L’operazione degli Stati Uniti in Afghanistan non può essere descritta come un successo, ma soffermarsi a discutere sui risultati della campagna Usa non è tra i nostri interessi”. Di sicuro, quello che è stata definita la “visita d’addio” di Merkel a Mosca non è stata una semplice passeggiata, nonostante la cancelliera e il presidente abbiano avuto rapporti oramai da decenni, abbiano l’abitudine di confrontarsi in russo e conoscano alla perfezione l’uno i tic dell’altro. Si è parlato anche di Ucraina, di Nord Stream 2 (“mancano solo 15 km al suo completamento”, riferisce Putin), della crisi libica e del caso Navalny (la cancelliera ha chiesto di nuovo, e con grande chiarezza, la liberazione del dissidente russo).
E allora Merkel lo dice esplicitamente, rivolgendosi al suo interlocutore del Cremlino: “Sono stata molte volte in Russia e negli anni ho sempre avuto contatti costanti. Non è sempre stato facile, ma il tentativo è sempre quello di trovare compromessi. Ne sono assolutamente convinta: non esiste alternativa più sensata al cercare dei compromessi”. In estrema sintesi, è il cuore stesso del pensiero e dell’azione merkeliana.