AGI - È atterrato all'aeroporto di Fiumicino intorno alle 14.30 il volo dell'aeronautica militare con a bordo circa 70 persone di rientro dall'Afghanistan. Si tratta di circa 50 unita' del personale diplomatico italiano e di una ventina di ex collaboratori afgani. Per tutti ora scattano le procedure previste, a partire dal tampone molecolare a opera di personale della Croce Rossa.
"Il volo - spiega una nota congiunta dei ministeri degli Esteri e della Difesa - partito nella giornata di domenica, "rientra nel piano per riportare in patria il personale dell’ambasciata italiana e nell’operazione 'Aquila Omnia' per portare in Italia gli ex collaboratori afgani con loro famiglie. Piano e operazione pianificati e diretti dal Comando operativo di vertice interforze (COVI), comandato dal generale di Corpo d’Armata Luciano Portolano, ed eseguito dal Joint Force Headquarter (JFHQ), elemento operativo del COVI con la collaborazione per la prima accoglienza e il supporto sanitario della Croce rossa italiana".
Contestualmente e successivamente all’evacuazione del personale diplomatico e connazionale, proseguirà il lavoro di coordinamento del Team militare del COVI, con l’operazione 'Aquila Omnia', per l’evacuazione umanitaria dall’Afghanistan dei collaboratori afgani del ministero della Difesa e del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, nel più breve tempo possibile, attraverso un ponte aereo assicurato da aerei KC767 dell’Aeronautica Militare.
La testimonianza
"Leggere le notizie che arrivano dall'Afghanistan dà la sensazione che le lancette dell'orologio siano state riportate indietro di 20 anni, che oltre 50 vite di nostri connazionali siano state sprecate, insieme a un'ingente quantità di denaro. Da figlio di un uomo che ha perso la vita in uno scenario di guerra, l'unica consolazione che mi ha accompagnato in questi anni è stata la consapevolezza che la vita di mio padre non sia stata sprecata, ma abbia contribuito, nel servire la Patria, a migliorare la vita di popoli più sfortunati e a veicolare messaggi di democrazia e civiltà". Lo dice Marco Intravaia, figlio del vice brigadiere Domenico, morto nell'eccidio di Nassiriya.
I figli, le mogli e i padri degli uomini morti in Afghanistan - aggiunge Intravaia - staranno vivendo la terribile sensazione che i loro cari siano stati strappati alla vita per niente, adesso che i Talebani riprendono il controllo dell'Afghanistan con tutto il carico di estremismo, di oscurantismo e di violenza di cui sono capaci. Esprimo tutta la mia solidarietà a queste famiglie e condivido il loro dolore".
Conclude Intravaia: "Continuo a credere nell'impegno internazionale del mio Paese nella difesa dei diritti umani e mi appello al presidente Draghi affinché faccia valere la sua credibilità in seno alla comunità internazionale e questa compia ogni sforzo per difendere le difficili conquiste di civiltà ed emancipazione fatte in quel territorio, anche grazie all'alto tributo di sangue pagato dai militari italiani. Non possiamo consentire al terrorismo di vincere".