AGI - Dopo Ghazni, è caduta Herat, la terza città dell'Afghanistan, che fu sede del comando della missione italiana. La porta di Persia, fondamentale tessera del Grande Gioco, è stata l'undicesimo capoluogo afghano in una settimana a finire in mano ai talebani, ora impegnati in furiosi combattimenti per strappare alle forze governative Lashkar-Gah e Kandahar, di cui i ribelli hanno già rivendicato la conquista. "Anni di impegno italiano cancellati. Si discuterà a lungo su questa guerra e sul suo epilogo", è l'amaro tweet di Paolo Gentiloni, commissario Ue all'Economia ed ex presidente del Consiglio.
Poche ore dopo, è toccato a Kandahar, la seconda città dell'Afghanistan. E sembra prossima a cadere anche Lashkar Gah, dove l'esercito regolare controlla ormai solo una base militare presa d'assedio dagli insorti. I ribelli hanno ora in mano almeno dodici dei trentaquattro capoluoghi di provincia afghani. La caduta di Qala-i-Naw, annunciata dai talebani, non è stata ancora confermata da Kabul.
Una svolta cruciale
Per l'offensiva, rapidissima e in apparenza inarrestabile, dei talebani la giornata di oggi segna una svolta cruciale verso l'obiettivo del completo controllo del Paese. Ghazni è il capoluogo più vicino alla capitale Kabul, dalla quale dista appena 150 chilometri. Herat è invece uno snodo commerciale di grande rilevanza, sede di un importante aeroporto e crocevia dei traffici con l'Iran, in grado quindi di garantire ai ribelli un flusso costante di risorse economiche.
I due capoluoghi si aggiungono a Zaranj, Shebergan, Sar-e-Pul, Kunduz, Taloqan, Aybak, Farah, Pul-e-Khumri e Faizabad, espugnate dagli insorti in pochi giorni. Il governo afghano, senza più il sostegno delle truppe straniere, non può che tentare la strada della trattativa. I negoziatori inviati dal presidente Ashraf Ghani a Doha hanno offerto ai talebani un accordo di condivisione del potere in cambio della fine dei combattimenti.
Usa e Gb inviano truppe per agevolare l'evacuazione
Gli Stati Uniti non sembrano però intenzionati a fare marcia indietro dal proposito di completare il ritiro a fine mese. L'ambasciata a Kabul ha trasferito il personale all'aeroporto internazionale e ha esortato i cittadini americani a lasciare subito il Paese con mezzi propri. "Il futuro è nelle mani degli afghani", ha affermato la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, secondo la quale le forze di sicurezza locali "hanno il necessario" per fronteggiare il nemico.
Il portavoce del dipartimento di Stato, Ned Price, ha annunciato l'invio di 3 mila militari per agevolare l'evacuazione di parte dello staff dell'ambasciata. "Il primo movimento consistera' in tre battaglioni di fanteria che sono attualmente nell'area di responsabilità del Comando Centrale. Si sposteranno all'aeroporto internazionale Hamid Karzai di Kabul entro le prossime 24-48 ore", ha detto il portavoce del Pentagono John Kirby, assicurando che lo scalo non verrà utilizzato per raid contro i talebani.
La Gran Bretagna ha annunciato, da parte sua, l'invio di 600 soldati per portare in salvo il personale diplomatico e gli ex collaboratori afghani.
Una situazione "inaccettabile" per l'ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ritiene il suo successore responsabile della repentina avanzata talebana. "Se fossi presidente in questo momento, il mondo saprebbe che il nostro ritiro dall'Afghanistan ha delle condizioni", ha detto Trump in una nota, "sarebbe stato un ritiro molto diverso e più riuscito e i talebani lo sapevano meglio di chiunque altro".