Il Giappone si sta spostando sempre più verso una società matura e dalla popolazione in declino. La sua è comunque ancora la terza maggiore economia a livello globale, con una rete d’affari che si estende in tutto il mondo, supportata da società grandi e piccole dotate di tecnologie avanzate. Il modo in cui il Giappone contribuirà all’obiettivo comune di arrestare il cambiamento climatico conseguendo la neutralità carbonica entro il 2050 è pertanto d’importanza cruciale per il mondo intero.
Al via verso la neutralità carbonica al 2050
Insieme con l’Unione europea, il Giappone è stato tra i leader dell’iniziativa sul clima, fino all’incidente nucleare di Fukushima, nel marzo 2011. L’incidente è stato un colpo fatale per il Giappone, perché lo ha privato dell’apporto fondamentale del nucleare, la più potente fonte di energia priva di CO2 del paese. Le pressioni esercitate sul Giappone perché prendesse l’iniziativa sul clima si sono in una certa misura allentate con l’ascesa alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump, negazionista del cambiamento climatico. Nel giugno 2019, in quanto paese ospitante del vertice del G20 (a Osaka), il Giappone si è assicurato una buona posizione grazie alla propria iniziativa sull’idrogeno: nonostante il suo evidente ritardo nell’iniziativa sul clima, il paese corre più veloce di tutti gli altri sull’idrogeno e non è stato pertanto scosso dall’annuncio del Green Deal europeo del dicembre 2019, che invoca la neutralità carbonica entro il 2050.
La prospettiva della possibile vittoria presidenziale di Joe Biden, dalla visione opposta a quella di Trump sul cambiamento climatico, è stata poi decisiva nello spingere il Giappone a rivitalizzare la propria iniziativa climatica andando ben oltre l’idrogeno. Nell’ottobre 2020, il primo ministro Yoshihide Suga, per non restare indietro rispetto alla tendenza mondiale, ha dichiarato, in modo inatteso, l’intento del Giappone di ridurre a zero le emissioni di gas serra entro il 2050; questo senza aver preventivamente consultato l’opinione pubblica né la comunità imprenditoriale (almeno, non in modo approfondito): un fatto piuttosto insolito in una società orientata al consenso come quella giapponese. La dichiarazione di Suga ha avuto un impatto molto positivo sia sulla comunità imprenditoriale sia sui governi locali: la prima vi vede un’importante opportunità di business, mentre i secondi vi fanno appello per rendere le aree del paese di loro competenza più ecologiche e attrarvi popolazione. Nel complesso, il Giappone è riuscito a dare il via al percorso verso la neutralità carbonica al 2050.
Il record misto della transizione energetica
Ho diretto l’International Energy Agency (IEA) dal 1996 al 2001, e precedentemente ho prestato servizio presso il Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria giapponese (METI, Ministry of Economy, Trade and Industry), ricoprendo diverse cariche nell’ambito dell’energia. In quegli anni, la politica energetica e climatica giapponese godeva di buona reputazione ed era additata a modello. Il Giappone era infatti riuscito a migliorare la propria efficienza energetica e ad aumentare il proprio parco nucleare, la più potente fonte di energia priva di CO2. Nel giugno 2010 il governo si diede l’obiettivo molto ambizioso di portare il nucleare al 50 percento del mix energetico di generazione dell’energia elettrica entro il 2030: un proiettile dritto al cuore del cambiamento climatico. Nel marzo 2011, tuttavia, il piano del governo è stato drammaticamente sconvolto dall’incidente nucleare di Fukushima, che ha anche distrutto la fiducia della popolazione nella sicurezza dell’energia nucleare.
Da allora molto si è fatto nel campo dell’energia, promuovendo le energie rinnovabili (solare in primis) e il potenziamento della generazione a gas. L’idrogeno si è presentato come un candidato importante per la decarbonizzazione, forte della sofisticata tecnologia dell’idrogeno sviluppata dalle varie società giapponesi.
Il Piano di base sull’energia
Il governo sta attualmente lavorando con alacrità al sesto Piano di base sull’energia (6th Basic Energy Plan), che definirà principi chiave, politiche, misure e orizzonti temporali. Questa volta, è forte l’attenzione al posizionamento del nucleare rispetto alle altre fonti di energia. Nel dicembre 2020 il governo ha pubblicato la Strategia per la crescita verde (Green Growth Strategy), una roadmap per l’industria verso un ciclo positivo di crescita economica e protezione ambientale teso al conseguimento della neutralità carbonica al 2050. Aspetto molto interessante, la roadmap prospetta per il 2050 un mix energetico di generazione che presuppone la completa decarbonizzazione dell’elettricità: 50-60 percento da energie rinnovabili, 30-40 percento da energia nucleare e fossile combinate con cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio (CCUS, Carbon Capture, Utilisation and Storage), 10 percento da idrogeno e ammonio (Figura 1 a pagina 36).
L’efficienza energetica
Data l’intrinseca carenza di fonti fossili nazionali per la produzione di energia, a partire dagli shock petroliferi degli anni Settanta il Giappone si è costantemente e profondamente impegnato per l’efficienza energetica, che è pertanto diventata la norma di ogni attività industriale e sociale e di ogni aspetto del quotidiano. Chi è stato in Giappone ha sicuramente notato la sobrietà del nostro stile di vita. L’efficienza energetica è comunemente vista come un frutto a portata di mano, facile da cogliere, ma questo non è più vero per il Giappone, che nel corso dei decenni ha colto la maggior parte di questi frutti. Grazie alle innovazioni tecnologiche, tra cui la trasformazione digitale (DX) e l’intelligenza artificiale (IA) e al nostro stile di vita, l’efficienza energetica costituisce comunque ancora un punto di forza per il Giappone e offre un modello di riferimento per l’iniziativa sul clima.
L’energia nucleare
Nell’ultima edizione del documento Prospettive energetiche a lungo termine (Long-term Energy Outlook), del 2015, il governo prospetta per il 2030 un mix energetico di generazione dell’elettricità composto per il 20-22 percento da energia nucleare, obiettivo che richiede la disponibilità di circa 30 reattori nucleari. L’amara realtà, tuttavia, è che dei 33 reattori disponibili finora solo dieci sono tornati operativi e nel 2030 saranno ben 14 quelli con un’anzianità di servizio superiore ai 40 anni. Sarà pertanto determinante il numero dei reattori che otterranno la licenza di estensione della vita utile di 20 anni, data la difficoltà di costruire nuovi reattori di classe GW. La Strategia per la crescita verde invita pertanto l’industria a sviluppare reattori modulari di piccola taglia (SMR, Small Modular Reactor) in collaborazione con controparti estere.
Il futuro del nucleare appare cupo. La fiducia della popolazione nel nucleare, mandata in frantumi dall’incidente di Fukushima, non mostra segni di ripresa, per i motivi seguenti:
- i vertici della Kepco hanno ricevuto del denaro poco chiaro, per oltre tre milioni di dollari, da un appaltatore di opere e lavori di ambito nucleare, fatto reso noto nel settembre 2019;
- nel marzo 2021, la Nuclear Regulation Authority (NRA) ha criticato la Tepco per aver a lungo tollerato il malfunzionamento del sistema di sicurezza antiterrorismo dell’impianto di Kasiwazaki-Kariwa;
- Nell’aprile 2021 il governo ha autorizzato il rilascio in mare di acqua radioattiva trattata dal sito della centrale nucleare di n. 1 di Fukushima. Nel settembre 2013, a Rio, all’incontro con il Comitato Olimpico Internazionale in cui Tokyo è stata scelta come sede delle Olimpiadi del 2020, il primo ministro Shinzo Abe ha comunque confermato che la situazione a Fukushima è “sotto controllo”.
Un altro fatto importante è che per conseguire la neutralità carbonica al 2050 il Giappone non ha altro modo che impiegare in modo efficiente il proprio parco nucleare. Per risolvere lo stallo, è necessario che nel prossimo piano energetico nazionale (il sesto) il governo insista sul ruolo fondamentale dell’energia nucleare. La questione rappresenta una dura prova per la volontà politica e l’audacia del governo di promuovere l’energia nucleare.
Le energie rinnovabili
La politica energetica post-Fukushima è orientata, inter alia, all’introduzione accelerata delle energie rinnovabili. La legge sull’acquisto di energia rinnovabile del luglio 2012 rende disponibili degli incentivi quali le tariffe feed-in, come in Germania. Di conseguenza, la quota di rinnovabili, idroelettrica compresa, nel mix energetico di generazione dell’elettricità è aumentata dal 6 percento del 2010 al 14 percento del 2019 (v. Figura 2). Tra le rinnovabili, l’energia solare ha visto una crescita notevole, perché è di installazione relativamente facile e il costo dei pannelli fotovoltaici è rapidamente diminuito per effetto della forte concorrenza internazionale. La crescita delle rinnovabili non è tuttavia di dimensioni sufficienti a far diminuire la quota del carbone (36 percento nel 2019) e del gas naturale (34 percento nel 2019).
La Strategia per la crescita verde indica nell’energia eolica offshore il potenziale nuovo asso delle rinnovabili e pone gli obiettivi quantitativi di 10 gigawatt entro il 2030 (l’equivalente di 10 reattori nucleari) e di 40-45 gigawatt entro il 2040 (40-45 reattori nucleari). La logica alla base di tutto ciò è la disponibilità quasi illimitata di siti idonei alla costruzione di parchi eolici offshore, data l’estensione delle linee costiere del Giappone, e la limitata disponibilità di terraferma per siti onshore. Alla luce delle buone prassi europee, l’opzione appare molto interessante. Inoltre, a livello nazionale l’intensa competizione sulle opportunità dell’eolico offshore accelererà l’innovazione tecnologica e la riduzione dei costi. Siemens, Vestas e GE stanno già prendendo in considerazione quest’opportunità di business. La legge per la promozione dell’uso offshore con venti di terra dell’aprile 2019 attesta l’impegno del governo allo sviluppo di quest’opportunità.
L’idrogeno
Poco dopo l’incidente nucleare di Fukushima l’idrogeno è salito alla ribalta come nuova fonte di energia e come vettore energetico e di stoccaggio. Tale strategia ha trovato supporto nella competitività mondiale del Giappone nel campo delle celle a combustibile e dell’idrogeno, competitività attestata dal numero delle domande di brevetto depositate dal paese per questa tecnologia, che è il più alto al mondo. Il governo ha elaborato una strategia molto ambiziosa e una roadmap completa, in stretta collaborazione con il mondo industriale. Il Giappone ha inoltre preso l’iniziativa a livello internazionale, ospitando, nell’ottobre del 2018, il primo Hydrogen Energy Ministerial Meeting, che ha spianato la strada per l’inclusione dell’idrogeno nella dichiarazione del vertice del G20 di Osaka nel giugno 2019.
Oggi tutti i soggetti attivi nel campo dell’energia parlano immancabilmente dell’idrogeno, cosa inimmaginabile solo due anni fa: il Giappone ha efficacemente innescato il boom dell’idrogeno, a livello mondiale. La competizione e la cooperazione globali in tema di idrogeno danno all’economia mondiale un certo dinamismo. A livello ideale e ambientale, l’idrogeno dovrebbe prodursi a partire da energie decarbonizzate quali le rinnovabili, il nucleare e i combustibili fossili trattati con CCUS. La transizione ha ancora un lungo cammino davanti a sé prima che l’idrogeno verde divenga predominante, nel frattempo si dovrà ricorrere all’idrogeno marrone e all’idrogeno blu.
Non è mai troppo tardi
- La dichiarazione sulla neutralità carbonica al 2050 è arrivata con un certo ritardo da parte di un paese leader a livello mondiale quale è il Giappone. Ma non è mai troppo tardi per imboccare la retta via e adoperarsi per arrestare il cambiamento climatico, una sfida enorme che interessa tutta l’umanità.
- La Strategia per la crescita verde afferma che affrontare il cambiamento climatico è un’opportunità di ulteriore crescita, il che è verissimo, basti osservare la competizione e la cooperazione sull’idrogeno tra i vari attori di tutto il mondo.
- I principali paesi, tra cui quelli dell’Unione europea, condividono obiettivi analoghi, quale quello della neutralità carbonica al 2050: questo accelererà inevitabilmente la cooperazione transfrontaliera tra governi, aziende, mondo della ricerca e cittadini. Quest’obiettivo condiviso contribuirà, infine, a sanare le divisioni tra le nazioni.
- La volontà politica conta molto, sia in positivo sia in negativo, come hanno vividamente dimostrato gli Stati Uniti sotto la presidenza di Trump. La volontà politica è uno strumento potente per stabilire la direzione e definire un quadro d’azione ampio. A tal proposito, la decisione che il governo giapponese prenderà sul nucleare è d’importanza massimamente critica per la neutralità carbonica al 2050.
- Il Giappone è la terza maggiore economia del mondo: l’efficiente decarbonizzazione del suo sistema energetico è una questione di importanza cruciale per il mondo intero.
* Tatsuo Masuda è professore alla Kaishi Professional University di Niigata, in Giappone e membro del panel della World Federation of Scientists. Articolo pubblicato sul numero di luglio 2021 di We World Energy
“WE World Energy è il magazine internazionale sul mondo dell’energia pubblicato da Eni - diretto da Mario Sechi - che con il suo portato di esperienza e scientificità si è guadagnato una posizione di grande rilievo nel panorama internazionale dei media di settore”.