AGI - L'ultraconservatore Ebrahim Raisi ha giurato ed è ufficialmente il nuovo presidente dell'Iran. Dopo otto anni di amministrazione moderata di Hassan Rohani, sale al potere l'ex capo magistratura completamente allineato alla Guida suprema, ayatollah Ali Khamenei.
L'Iran, ha detto Raisi nel discorso pronunciato per il giuramento, "sostiene qualsiasi mossa per revocare le sanzioni americane, ma non si piegherà alle pressioni". Raisi, che ha vinto le elezioni del 18 giugno segnate da un'astensione record, si insedia con il Paese alle prese con un'economia martoriata dalle sanzioni Usa, una grave crisi sanitaria dovuta alla risalita dei contagi da Covid (bilancio oltre 4 milioni di contagi e più di 92 mila morti) le tensioni del Golfo, dove è accusato di aver attaccato una petroliera israeliana e spinosi negoziati sul suo programma nucleare.
"Le sanzioni contro la nazione dell'Iran devono essere revocate. Sosterremo qualsiasi iniziativa diplomatica che realizzi questo obiettivo", ha detto Raisi. Ma, ha sottolineato, "la politica di pressione e delle sanzioni non indurrà la nazione iraniana a rinunciare a dare seguito ai suoi diritti legali".
Alla cerimonia di giuramento hanno partecipato circa 70 dignitari stranieri, tra cui il presidente afghano, Ashraf Ghani e Ismail Haniyeh, leader di Hamas, il movimento islamista al potere nella Striscia di Gaza. Per l'evento è stata rafforzata la sicurezza, sono state imposte restrizioni al traffico intorno al Parlamento e sono stati sospesi i voli per due ore e mezza a Teheran e nelle province adiacenti di Alborz e Qazvin.
Il nuovo presidente affronta anche gli avvertimenti di Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele per un attacco a una petroliera che ha causato la morte di due membri dell'equipaggio, per il quale Teheran respinge ogni responsabilità.
A Vienna ci sono state inoltre finora, tra aprile e giugno, sei tornate di colloqui con le potenze mondiali sul programma nucleare iraniano, nel tentativo di rilanciare l'accordo, affossato dal ritiro unilaterale americano deciso dall'amministrazione Trump, in seguito al quale Teheran ha deciso di non rispettare più una serie di obblighi previsti dall'intesa, in particolare quelli legati ai limiti alla produzione di uranio arricchito. L'ultimo round si è concluso il 20 giugno e non è stata fissata un'altra data per un nuovo incontro.
La presidenza di Raisi dovrebbe consolidare il potere nelle mani dei conservatori dopo la vittoria delle elezioni parlamentari del 2020, segnata dall'esclusione di migliaia di candidati riformisti o moderati. Il nuovo presidente ha presieduto mercoledì una riunione della task force sul coronavirus e ha incontrato gli esponenti della precedente amministrazione.
Raisi avrà il suo bel da fare su più fronti. Le sanzioni statunitensi soffocano il Paese e le sue esportazioni di petrolio, vitali per l'economia, che si è contratta di oltre il 6% sia nel 2018 che nel 2019.
Raisi dovrà "affrontare molteplici sfide a causa dell'elevato numero di problemi", si legge in un editoriale del quotidiano ultraconservatore Kayhan, tra cui una "inflazione senza precedenti", i prezzi elevati delle case e la "corruzione".
Il quotidiano ultraconservatore Javan ha esortato il nuovo governo ad "attuare piani specifici per risolvere i problemi urgenti", tra i quali l'approvvigionamento di "acqua ed elettricità, dei prodotti di base e dei vaccini anti-Covid", guardando al breve termine. Il mese di luglio è stato caratterizzato da blackout continui a Teheran e in altre grandi città.