AGI - Il premier ungherese Viktor Orban ha lanciato la sfida all'Ue, annunciando un referendum sulla legge anti-Lgbtq. Finito nel mirino di Bruxelles per la controversa normativa che vieta "la dimostrazione o promozione" dell'omosessualità e del cambiamento di genere nei confronti dei minorenni, il leader ultra-nazionalista ha deciso di puntare sul voto popolare per rafforzare la sua posizione e rispondere alle accuse.
Agli ungheresi verrà chiesto se sono d'accordo con il permettere alle scuole di "parlare di sessualià' agli alunni senza il consenso" delle famiglie, se sostengono "l'esposizione illimitata dei bambini a contenuti sessuali dannosi" e la "promozione di trattamenti per il cambiamento di genere per i minori". "Bruxelles ha chiaramente attaccato l'Ungheria nelle scorse settimane in merito alla legge", ha affermato Orban in un video, esortando i connazionali a rispondere 'no' a tutti e cinque i quesiti.
Per Budapest la legge vuole tutelare i minori, ma secondo i suoi detrattori confonde pedofilia con omosessualità e stigmatizza la comunita' Lgbtq. La Commissione europea ha lanciato una procedura d'infrazione contro la normativa, entrata in vigore questo mese, affermando che viola le regole europee in merito alla libertà di espressione.
Rinviata l'approvazione del Recovery Plan di Budapest
Il governo ungherese, che ha due mesi di tempo per rispondere, ha reagito duramente, accusando Bruxelles di interferire nella politica nazionale. La presidente Ursula von der Leyen ha definito la norma "una disgrazia", assicurando che i vertici Ue useranno "tutti i poteri a disposizione" per costringere l'Ungheria a modificarla o revocarla. La settimana scorsa, Bruxelles ha rinviato l'approvazione del Recovery Plan di Budapest da 7,2 miliardi di euro.
Il sindaco di Budapest, il liberale Gergely Karacsony, ha denunciato la mossa di Orban, sostenendo che si tratti di una mossa diversiva per allontanare l'attenzione dai veri problemi, proprio quando è anche venuto alla luce che l'Ungheria è tra i Paesi che avrebbero usato lo spyware israeliano Pegasus per sorvegliare giornalisti e attivisti.
Secondo le modifiche costituzionali adottate nel 2011, oltre la metà degli elettori devono partecipare a un referendum perché abbia ricadute legali. Finora nessun voto popolare ha mai superato tale soglia, neanche quello del 2016 sul piano Ue di ricollocamento obbligatorio dei migranti, la cui affluenza si fermò al 43% ma che ancora oggi è celebrato da Orban come una vittoria perché oltre il 98% dei votanti erano contrari all'iniziativa di Bruxelles.