AGI - Una volta completato il ritiro delle truppe statunitensi, sarà solo questione di mesi, al massimo di anni, perché i talebani completino la riconquista del territorio afgano, compresa la capitale Kabul. Fausto Biloslavo, giornalista che segue il conflitto in Afghanistan dai tempi del ritiro sovietico, è pessimista sulla possibilità dell'esercito regolare di resistere, nel medio periodo, a un'avanzata che, venuto meno il sostegno aereo americano, è diventata inarrestabile. La situazione sul terreno, del resto, non lascia spazio a equivoci. Dei 407 distretti in cui è diviso il Paese, circa 160 sono già in mano ai ribelli, altrettanti sono teatro di combattimenti e appena 84 sono sotto il controllo governativo.
"Ovviamente i governativi controllano le città, che equivalgono a una bella fetta di popolazione, circa 11 milioni di persone, i talebani controllano per lo più l'entroterra ma l'Afghanistan è soprattutto entroterra", spiega il cronista de 'Il Giornale', "il punto è che il ritiro occidentale ha accelerato una certa demoralizzazione, perché senza appoggio aereo diventa più difficile rifornire e sostenere gli avamposti più remoti".
Verso la guerra civile
"Quando i talebani inviano sul telefonino del comandante di turno un messaggio dove propongono la resa o la morte e poi mandano gli anziani, pagandoli, a trattare la resa, il destinatario si domanda chi glielo faccia fare", prosegue Biloslavo, "senza appoggio aereo, reparti di elite completamente operativi sono caduti in terribili operazioni dove sono stati decimati e i loro corpi sono stati esposti. Se persino i corpi speciali si fanno massacrare, è inevitabile assistere a queste continue rese". Certo, il governo afgano può contare su una propria aviazione ma la sua operatività dipende in gran parte da contractor Usa e i piloti autoctoni adeguatamente formati ci sono ma non in numero sufficiente.
Ciò non vuol dire che Kabul cadrà subito dopo il completamento del ritiro Usa, previsto l'11 settembre, ma se cederanno i capoluoghi delle province contese "si innescherà un effetto domino" che finirà per travolgere anche la capitale. Secondo Biloslavo si apre quindi un "periodo molto buio" che avrà come risultato la "guerra civile". Si assiste già infatti alla mobilitazione di milizie etniche e al riemergere di "signori della guerra vecchi e nuovi", dagli uzbeki di Abdul Rashid Dostum ai tajiki di Ahmad Massoud, figlio dell'omonimo capo guerrigliero assassinato nel 2001.
Il tracollo del tavolo di pace di Doha non deve stupire: "I talebani non hanno mai pensato veramente alla pace ma hanno approfittato del negoziato per ottenere il ritiro delle truppe straniere". E le minacce di nuovi raid avanzate da Scott Miller, comandante del contingente Usa in Afghanistan, non devono far sperare in una marcia indietro di Washington.
Due grandi incognite per Washington
"Miller auspica una controffensiva aerea ma al momento gli americani non sanno due cose fondamentali: la prima è da dove dovrebbe arrivare l'appoggio aereo dopo l'11 settembre 2021. L'idea era un Paese limitrofo ma di certo non andranno in Iran o in Cina o nelle ex repubbliche sovietiche e il Pakistan ha detto di no", sottolinea Biloslavo, "una cosa è avere aerei al confine e un'altra averli a mille chilometri, se non hai appoggio aereo immediato non si possono tenere le zone più ostiche e non si possono mandare viveri e munizioni".
La seconda incognita è "chi controllera' l'aeroporto di Kabul se non troveranno un accordo coi turchi che, nel bene e nel male, sono una forza Nato e non hanno mai subito attentati gravi" giacché "da Kabul si va via solo in volo".
L'unica speranza, secondo Biloslavo, è che gli ex studenti coranici abbiano imparato dal passato, non offrano di nuovo riparo a organizzazioni terroristiche e impongano alla popolazione un regime meno duro. "Tornerà l'emirato islamico ma credo che i talebani siano cresciuti e abbiano capito che non è il caso di ripetere l'errore di Bin Laden e Al Qaeda", spiega, "bisognerà vedere cosa accadrà a tutte le conquiste fatte, dall'istruzione ai diritti delle donne, ma anche qua non penso che i talebani saranno così pazzi da cancellare tutto immediatamente".
Quanto alla popolazione afgana, "vuole prima di tutto la sicurezza e chiunque gli dia sicurezza è benvenuto, anche con Corano e moschetto, anche con i metodi talebani", conclude Biloslavo, "gli afgani speravano nella Nato per un'economia migliore di quella devastata dalla corruzione che avevano ma durante la permanenza della Nato le coltivazioni di oppio sono aumentate invece di diminuire. Gli afgani speravano che l'Occidente avesse la bacchetta magica e tutto si risolvesse ma poi sono stati commessi errori. Se ci fossimo concentrati solo sull'Afghanistan e non sull'Iraq sarebbe andata meglio".