AGI - Bisogna compiere ogni sforzo possibile per scongiurare una resurrezione dell'Isis in Siria e Iraq ma il nuovo fronte su cui concentrare la lotta al terrorismo è l'Africa subsahariana, con la polveriera del Sahel teatro di carneficine sempre più sanguinose e il consolidarsi dell'insurrezione jihadista in Mozambico e Corno d'Africa. La riunione ministeriale della Coalizione globale contro Daesh fa il punto su una lotta da rimodulare contro un nemico sfuggente ma ancora pericolosissimo, che ha perso i suoi ultimi scampoli di territorio in Siria e Iraq ma vede le sue cellule espandersi su un'area del mondo sempre più vasta, grazie a una propaganda online penetrante che va contrastata con la stessa determinazione di una controffensiva militare.
"Sono stati ottenuti importanti successi ma molto resta da fare", sottolinea il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in apertura del vertice. "Daesh è stato sconfitto nella sua dimensione territoriale ma non è stato sradicato" nè in Iraq nè in Siria, dove il consolidamento della vittoria contro il califfato "rimane una priorità". "Maggiore attenzione", ha avvertito Di Maio, "va poi dedicata alle ramificazioni dell'Isis in Africa", in particolare nel Sahel, "la cui stabilità è fondamentale anche per la stabilità dell'Europa".
Un'area del mondo dove l'offensiva jihadista si intreccia con le rotte dei trafficanti di esseri umani e ai danni inflitti dal cambiamento climatico ad allevamento e agricoltura, con la lotta per le risorse idriche alla base di molte violenze intercomunitarie. Per questo, afferma il ministro degli Esteri, è necessario "un approccio olistico" che passi per il "rafforzamento delle istituzioni locali" e "un aumento degli stanziamenti in cooperazione e sviluppo".
È a questo scopo che Di Maio propone la creazione di un gruppo di lavoro ad hoc per l'Africa, una proposta che riceve il "forte sostegno" del segretario di Stato Usa, Antony Blinken, che condivide la "forte preoccupazione" per l'espansione del terrorismo, da contrastare senza che passi in secondo piano "la lotta ai residui dell'Isis in Iraq e in Siria".
Il summit romano offre poi a Blinken l'occasione per una sonora lavata di capo agli alleati riluttanti a farsi carico dei 'foreign fighters' detenuti in Siria, dove sono in 10 mila a essere prigionieri nei campi, incluso "un gran numero di donne e bambini". "Questa situazione è semplicemente insostenibile, non può continuare in modo indefinito", ha avvertito Blinken, "gli Stati Uniti continuano a esortare i Paesi di origine, inclusi i partner della coalizione, a rimpatriare, riabilitare o, quando possibile, perseguire, i loro cittadini". Il capo della diplomazia di Washington ha menzionato l'Italia fra "i pochi Paesi dell'Europa occidentale" che si sono mossi in questa direzione.
Nella conferenza stampa conclusiva, c'è anche spazio per una risposta a distanza al premier iracheno, Mustafa al-Kadhemi, che ha bollato come "inaccettabile violazione di sovranità" il raid americano contro le milizie filo-iraniane considerate responsabili degli attacchi missilistici contro le basi che ospitano truppe Usa. "Abbiamo inviato un segnale chiaro e non fraintendibile, un messaggio importantissimo e forte che speriamo sia stato ricevuto", ha detto Blinken, "abbiamo intrapreso un'azione di contrasto e deterrenza, abbiamo agito in autodifesa per prevenire ulteriori attacchi".