AGI - In Israele Naftali Bennett ha rotto gli indugi e ha pubblicamente annunciato che intende formare un governo di coalizione con Yair Lapid, leader centrista dell'opposizione.
Se l'esecutivo di unità - che punta a mettere insieme i partiti di destra di Yamina e New Hope con laburisti e sinistra radicale di Meretz e i centristi di Yesh Atid e Blu e Bianco - riuscirà a totalizzare l'appoggio necessario di 61 deputati, spodesterà Benjamin Netanyahu dopo quasi 13 anni ininterrotti al potere.
Il leader del Likud ha reagito duramente all'annuncio, denunciando "la frode del secolo": ha sostenuto di aver fatto un'offerta "incredibile" al tecno-colono che avrebbe impedito la creazione di un "pericoloso governo di sinistra" ma Bennett "è interessato solo a sè stesso".
Lo Stato ebraico non è tuttavia ancora fuori dalle paludi politiche, dopo essere passato per quattro elezioni in due anni: i negoziatori di Yesh Atid e Yamina hanno fatto sapere che si incontreranno di nuovo per cercare di arrivare a un accordo entro mercoledì 2 giugno, quando scadrà il mandato dato a Lapid dal presidente Reuven Rivlin per formare un esecutivo.
Resta da vedere quanti deputati di Yamina seguiranno Bennett. Amichai Chikli ha già fatto sapere di essere contrario a un governo allargato; secondo la stampa, anche Nir Orbach potrebbe sfilarsi, mettendo in difficoltà l'esecutivo del 'cambiamento', come si è ribattezzato il blocco anti-Netanyahu.
Il pallottoliere della Knesset vede in ballo i 17 deputati di Yesh Atid, 8 di Blu e Bianco, 7 ciascuno per laburisti e Yisrael Beiteinu, 6 a testa per New Hope e Meretz; Yamina ha conquistato sette seggi alle ultime elezioni di marzo, cruciali ma non sufficienti. Resterebbe necessario il sostegno esterno degli islamisti conservatori di Ràam (4) ed eventualmente della Lista congiunta araba (6 seggi).