AGI – A oltre un secolo dagli spaventosi massacri compiuti dalle truppe coloniali tedesche e dopo anni di negoziati estremamente delicati e difficili, la Germania ha messo nero su bianco quella che per gli studiosi è già da molto tempo una verità storica conclamata: è stato un genocidio quello commesso nell’odierna Namibia contro le popolazioni degli Herero e dei Nama.
“Come gesto del riconoscimento della sofferenza incalcolabile che fu causata alle vittime, intendiamo sostenere la Namibia e i discendenti delle vittime con un programma di 1,1 miliardi di euro destinati alla ricostruzione e allo sviluppo del Paese”, ha affermato il ministro degli Esteri Heiko Maas. E sarà lo stesso presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, a chiedere ufficialmente perdono durante un’apposita cerimonia nel parlamento della Namibia.
Lungo negoziato
Le trattative tra le delegazioni dei due Paesi sono durate quasi sei anni, culminate in un’intesa per una dichiarazione comune già sottoscritta dai rispettivi governi.
Sotto il nome di Africa tedesca del Sud-Ovest (‘Deutsch-Suedwestafrica’ in tedesco), l’attuale Namibia era stato una colonia del Reich dal 1884 al 1919, quando a seguito della sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, il territorio divenne un mandato della Società delle Nazioni affidato all’impero britannico tramite l’Unione sudafricana.
In quegli anni, la potenza coloniale germanica schiacciò nel sangue e con estrema brutalità le rivolte della popolazione locale: secondo gli storici, vennero uccisi tra i 65 mila e gli 80 mila Herero e un numero compreso tra 10 mila e 20 mila Nama.
“Sono grato che vi sia stata un’intesa con la Namibia su come affrontare il capitolo più oscuro della nostra storia comune”, ha scritto ancora Maas su Twitter. “Questo implica che chiamiamo le vicende di allora quale esse sono dalla prospettiva odierna: un genocidio”, ha aggiunto.
Il primo passo
Positive le prime reazioni ufficiali dalla Namibia: “Il riconoscimento da parte della Germania che sia stato compiuto un genocidio è il primo passo nella giusta direzione”, così il portavoce del presidente Hage Geingob alla France Press.
Ma non tutti la pensano nello stesso modo nel Paese dell’Africa meridionale: almeno cinque partiti presenti in Parlamento hanno criticato l’accordo raggiunto con Berlino. Il principale partito dell’opposizione, il Popular Democratic Movement, parla di una “offesa” al Paese e ritiene che la delegazione tedesca “non abbia negoziato in buona fede”. Toni simili dai rappresentanti del Landless People’s Movement: “Se la Namibia ottiene denari dalla Germania, questo dovrebbe andare ai rappresentanti delle comunità colpite, non al governo”.
L’elaborazione storica di quello che gli studiosi hanno definito “il primo genocidio del XX secolo” è legata a progetti molto concreti: i fondi stanziati vanno, specificano fonti governative tedesche, a programmi di innovazione agricola, nuove infrastrutture nelle campagne, approvvigionamenti idrici nonché a iniziative di formazione professionale. Secondo l’intesa, nella realizzazione dei progetti avranno un ruolo decisivo i rappresentanti delle comunità Herero e Nama, “che sono stati coinvolti in modo molto stretto anche nei negoziati precedenti”. Il governo federale ha tuttavia tenuto a sottolineare che il riconoscimento del genocidio e l’intesa per il fondo di sostegno non rappresentano una base giuridica per un risarcimento, bensì si tratta di “un impegno politico e morale”.
L'orrore
L’apice dell’orrore tedesco in quella che oggi chiamiamo Namibia fu la battaglia di Ohamakari dell’11 agosto 1904, dove le truppe del Reich prima intrappolarono e poi uccisero la gran parte della popolazione Herero.
Altre migliaia di profughi morirono di sete nel deserto di Omaheke, dato che i tedeschi li avevano tagliati fuori da tutto. Dopodiché arrivò l’ordine finale: “All’interno dei confini tedeschi ogni herero, sia che abbia o che non abbia un’arma, sarà fucilato”. L’ottobre seguente toccò ai Nama: la loro disperata rivolta fu repressa nel sangue dai soldati tedeschi, che fecero oltre 10 mila vittime. Altre migliaia di nama finirono nei campi di concentramento.
Il dominio coloniale germanico terminò il 9 luglio 1915, suggellata dalla firma della capitolazione da parte dell’ultimo governatore Theodor Seitz. Tragicamente ironico il fatto che prima della sconfitta delle truppe del Reich contro le forze dell’Unione sudafricana, l’ultima postazione dei tedeschi portasse il nome di “coperchio di bara”.