AGI - Non si ferma l'escalation di violenza tra Israele e Hamas, la peggiore fiammata dalla guerra del 2014. E dopo gli scontri fra arabi ed ebrei nelle città israeliane, si infiamma anche la Cisgiordania. Intanto, è arrivato nello Stato ebraico l'emissario Usa per lavorare a una de-escalation mentre il Movimento islamico ha fatto sapere di essere pronto a una tregua ma di non aver finora ricevuto risposta.
Sono oltre duemila i razzi sparati dall'enclave palestinese da lunedì pomeriggio, ai quali lo Stato ebraico ha risposto con centinaia di raid, prendendo di mira le infrastrutture militari del Movimento islamico ma anche la sua dirigenza. Sono almeno 126 i morti finora nella Striscia tra cui 31 minorenni e 950 feriti, mentre in Israele si contano 8 vittime, compresa una 50enne che era rimasta ferita martedì mentre correva al rifugio.
Non si arresta neanche la tensione all'interno dello Stato ebraico, dopo tre notti consecutive di scontri tra arabi ed ebrei in diverse città. La polizia ha vietato l'accesso ai non residenti a Lod, uno degli epicentri delle violenze intercomunitarie, mentre è ancora in vigore il coprifuoco notturno dalle 20.
La polizia ha riferito di aver colpito una persona a una gamba mentre era in procinto di lanciare una bomba incendiaria contro il municipio. A Ramle, un'altra città 'mista', arabi hanno lanciato un tubo-bomba contro due passanti ebrei senza fare fortunatamente feriti; un civile armato ha sparato colpi in aria e gli aggressori sono scappati.
Scontri e violenze
Scontri si sono verificati a Gerusalemme Est, dove la polizia è intervenuta in varie zone, tra cui il quartiere di Sheikh Jarrah, per sedare i tumulti. Lo Shin Bet ha riferito dell'arresto di sei persone, accusate di aver aggredito ebrei a Gerusalemme e di aver postato i video sui social; due ventenni sono stati arrestati ad Haifa e un'altra persona è stata fermata a Baqa al Gharbiya.
Scene di violenza si sono registrate anche a Kafr Kanna, in Galilea, dove quattro persone sono rimaste ferite gravemente durante gli scontri scoppiati dopo l'arresto di un leader islamico locale per la sua partecipazione ieri alle violenze.
Un appello a ristabilire la calma è stato lanciato dal presidente israeliano, Reuven Rivlin, che si è recato ad Acri per un incontro con i sindaci e leader religiosi locali: "Questa è la casa di tutti noi, e noi proteggiamo la nostra casa. Non con mazze e coltelli che seminano distruzione e rovina, ma mantenendo l'ordine pubblico".
"Tutti noi, leader pubblici a tutti i livelli, e in particolare i leader spirituali, siamo responsabili di cio' che accade nelle nostre comunità. Dobbiamo fermare il ciclo di violenza. Questo è cio' che è necessario in questo momento", ha aggiunto il capo di Stato che si appresta a terminare il mandato, il prossimo 2 giugno.
E insieme ai tumulti tra arabi ed ebrei nelle citta' dello Stato ebraico, un terzo fronte si è aperto con gli scontri tra palestinesi e soldati israeliani che hanno infiammato la Cisgiordania. Finora sono almeno 10 i palestinesi rimasti uccisi e circa 150 i feriti in diverse citta' dei Territori occupati, tra l'esultanza del Movimento islamico che si è congratulato per "la sollevazione".
Tensioni e voci di negoziato
Tensioni si sono registrate anche al confine con il Libano, dove manifestanti pro-palestinesi sono stati colpiti da fuoco israeliano e uno di loro è morto. Non è immune neanche la Giordania: migliaia di cittadini del Regno hashemita hanno protestato ad Amman mentre a centinaia si sono affollati alla frontiera con Israele, sfondando i cordoni di sicurezza e inneggiando alla moschea di al-Aqsa, dove la settimana scorsa sono avvenuti i violenti scontri tra palestinesi e polizia israeliana, dai quali è scaturita l'escalation tra Hamas e lo Stato ebraico. Infine, dalla Siria sono stati lanciati tre razzi verso Israele, caduti in una zona disabitata sulle Alture del Golan.
Voci su negoziati e proposte di tregua si rincorrono da giorni ma al momento senza esito. Il leader politico di Hamas, Khaled Mashaal, ha fatto sapere che il Movimento islamico è pronto per un cessate il fuoco ma non ha ricevuto risposta da Israele.
Da Ramallah, il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha esortato gli Stati Uniti a "intervenire immediatamente per fermare l'aggressione israeliana" a Gaza e in Cisgiordania, "in modo che le cose non vadano fuori controllo".
Da Washington è arrivato Hady Amr, vice segretario aggiunto per gli Affari israeliani e palestinesi del dipartimento di Stato americano, inviato dall'amministrazione Biden per cercare una de-escalation.
Il suo arrivo punta a "rafforzare la necessita' di lavorare per una calma sostenibile, riconoscendo il diritto di Israele all'autodifesa". "Israeliani e palestinesi - ha fatto sapere l'mabasciata americana in un tweet - meritano in pari misura liberta', sicurezza, dignità e prosperità"
Egitto e Giordania hanno intensificato i contatti con la comunita' internazionale per cercare di porre fine all'escalation; una delegazione del Cairo ha lasciato Tel Aviv dopo il rifiuto dello Stato ebraico a "tutte le iniziative di mediazione".
Le parole di Netanyahu e Guterres
"Non è ancora finita", ha sottolineato il premier isrealiano: "Ho detto che avremmo colpito Hamas e gli altri gruppi terroristici molto duramente e lo stiamo facendo".
"Nelle ultime 24 ore abbiamo centrato obiettivi sotterranei, Hamas pensa di potersi nascondere li' ma non puo'", ha aggiunto il capo del governo israeliano, riferendosi alla 'trappola' ideata dagli strateghi israeliani che hanno fatto credere di aver lanciato l'offensiva di terra, per spingere i dirigenti del Movimento islamico a nascondersi nei tunnel per poi colpirli li', con 160 raid e 450 bombe sganciate in poco piu' di mezz'ora.
Un tentativo di smantellare la 'Metro', la rete di gallerie sotterranee che attraversa tutta l'enclave palestinese e che permette ai militanti di muoversi al riparo dai raid israeliani.
E il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, è tornato a farsi sentire, lanciando un appello al cessate il fuoco immediato: ha avvertito che gli attuali scontri possono scatenare "una crisi incontenibile" e innescare il fondamentalismo in tutta la regione mediorientale.