AGI - Quando Liz Cheney disse sì all’impeachment di Donald Trump lo scorso gennaio, il Grand Old Party archiviò la defezione come voto di coscienza. La messa in stato di accusa di The Donald per l’assalto al Congresso naufragò in Senato e il tentativo di strappare alla numero 3 del Gop alla Camera il ruolo di presidente della ‘House Republican Conference’ fallì 145 a 61. Il match Liz contro Donald si chiuse con un pareggio. Ma la sconfitta elettorale di Trump si era appena consumata e la sua presa sul partito era ancora tutta da vedere. Cinque mesi dopo, Trump resta la voce dominante del Gop, quella in grado di segnare, nel bene o nel male, le carriere politiche.
Il destino di Liz Cheney - per decenni volto dell’ala repubblicana più conservatrice - sembra segnato. La maggioranza dei 212 membri della conferenza dei deputati repubblicani è pronta a rimpiazzare Liz con la trumpiana Elise Stefanik, moderata.
Cheney, che nei quattro anni di Trump alla Casa Bianca lo ha appoggiato il 93% delle volte (contro il 78% di Stefanik), è accusata di minare l’unità dei repubblicani . “La parlamentare ha tutto il diritto di avere le sue opinioni. Ma non ha tutto il diritto di essere un leader”, è l’argomentazione del partito dell’Elefante sintetizzata dal senatore della Louisiana John Kennedy. “Vogliamo essere uniti e guardare al futuro, al 2022 e oltre”, spiega il leader di minoranza alla Camera, Kevin McCarty. Oggi, dopo il voto (segreto) per rimuovere Cheney, i deputati voteranno per promuovere Stefanik, 36 anni, di New York, che nel 2016 aveva accettato controvoglia la nomina di Trump.
Cheney sarà in corsa per la rielezione nel 2022 , Trump ha giurato che le farà perdere le primarie. E’ la fine per Liz Cheney? In un editoriale sul Washington Post, la figlia del vice di George W. Bush, insiste nel denunciare “The big lie”, “la grande menzogna” dell’elezione rubata definisce l’ex presidente un pericolo per il partito. Se la sua rimozione confermerà la trumpizzazione del Gop, l’editto trumpiano potrebbe trasformare Liz Cheney in una martire della Resistenza, nell’alternativa repubblicana a Trump.
Gli alleati di Cheney accusano l’ex capo della Casa Bianca, McCarthy e il numero due Steve Scalise, di “cancel culture” contro Cheney. “Siamo un partito dalla grande tenda – si difende McCarthy – rappresentiamo americani di tutti i background. A differenza della sinistra, abbracciamo il libero pensiero e il dialogo. Ma la nostra leadership non può permettersi distrazioni dal lavoro che dobbiamo svolgere come rappresentanti eletti. La posta è troppo alta”. Il Gop sceglie Trump, Liz lavora alla riscossa.
“La libertà dura solo se la difendiamo. Non guarderò in silenzio coloro che seguono la crociata di Trump per minare la democrazia. Dobbiamo dire la verità. L’elezione non è stata rubata”, tuona in Aula la deputata alla vigilia del voto per strapparle l’incarico di leadership. Al suo fianco c’è il padre, Dick Cheney, attivamente impegnato (assicurano i bene informati) nella campagna contro l’ex presidente,“Vice, l’uomo nell’ombra”, un osso duro anche per The Donald.