AGI - "Non crediamo che nel breve termine la deroga alla proprietà intellettuale sia la soluzione magica ma siamo pronto a discuterne appena ci sarà una proposta concreta sul tavolo". Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, al suo arrivo al vertice informale di Porto.
"Sulla solidarietà internazionale l'Europa è molto impegnata. Siamo l'unica democrazia che esporta in modo massiccio le dosi di vaccino e abbiamo avviato e sosteniamo molto l'iniziativa Covax" ha detto Michel. "Incoraggiamo tutti i nostri partner a facilitare l'esportazione di dosi per condividere il più possibile i vaccini nel mondo", ha aggiunto il leader Ue.
"Abbiamo avuto ieri sera la possibilità di parlare, ancora una volta, del Covid-19. Stiamo facendo progressi in Europa per quanto riguarda la produzione e la distribuzione dei vaccini. Il secondo punto che abbiamo discusso ieri è la creazione del Certificato verde e abbiamo deciso di tornarci nella riunione del Consiglio del 25 maggio per incoraggiare tutti gli sforzi e raggiungere un accordo su questo importante tema" ha aggiunto.
Von der Leyen risponde a Biden: "Lo stop ai brevetti non risolve il problema"
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in poco più di ventiquattro ore ha cestinato quella che era stato giudicata - ieri - un'apertura al presidente americano, Joe Biden, per la liberalizzazione dei brevetti per la produzione del vaccino contro il Covid-19. "Penso che dobbiamo essere aperti alla discussione sulla deroga alla proprietà intellettuale ma dev'essere fatta a 360 gradi. Perché i vaccini ci servono ora per il mondo intero. Sul breve termine la deroga alla proprietà intellettuale non risolverà i problemi, non ci porterà una singole dose".
Parole chiarissime pronunciate dalla presidente dell'esecutivo europeo al termine del Social summit di Porto e prima della cena con i capi di Stato e di Governo con cui era attesa la discussione anche sui brevetti. "Ciò che è necessario nel breve e medio termine è la condivisione dei vaccini, l'export delle dosi che vengono prodotte e l'investimento nell'aumento della produzione. L'Ue ha cominciato il suo meccanismo di condivisione dei vaccini, per esempio con 650 mila dosi per i Balcani Occidentali", ha evidenziato.
Durante la cena dei leader, anche il premier italiano Mario Draghi ha espresso la sua convinzione: "In Europa dobbiamo continuare ad accelerare le vaccinazioni con trasparenza e affidabilità. Occorre inoltre aumentare la produzione in ogni parte d'Europa. Gli altri paesi - ha aggiunto - devono rimuovere i blocchi alle esportazioni: l'Unione europea esporta l'80% della propria produzione verso Paesi interessati da blocchi alle esportazioni. In questo contesto vedo con favore la proposta del presidente Biden".
La vera battaglia di von der Leyen rimane l'export. "L'Unione europea è l'unica regione democratica di questo mondo che sta esportando a larga scala. Circa metà delle dosi che vengono prodotte in Europa vengono esportate verso quasi 90 Paesi, compreso il meccanismo Covax. Finora 200 milioni di dosi sono state esportate e circa 200 milioni sono state consegnate agli europei. Noi invitiamo tutti quelli che sono impegnati nel dibattito sulla liberalizzazione dei brevetti di unirsi a noi per esportare in grande quantità come facciamo noi", ha rivendicato. Infine, von der Leyen ha invitato a "investire nella capacità produttiva, anche in Africa, per aumentare la produzione".
L'Unione europea placa così l'entusiasmo verso la liberalizzazione dei brevetti. Soluzione, chiesta in sede Wto da Sudafrica e India, a cui hanno aperto le porte anche gli Stati Uniti. Da molti viene ritenuta la chiave di svolta per aumentare la capacità di produzione delle dosi e farle arrivare anche ai Paesi in via di sviluppo. Per Bruxelles non è così. "Finora non abbiamo avuto nessun problema e non ci è stato fornito alcun esempio di casi dove la capacità produttiva sia stata ristretta a causa della protezione della proprietà intellettuale o che i brevetti costituiscano colli di bottiglia". Ha precisato una fonte europea ben informata.
"E anche se dovesse emergere questo caso, abbiamo già una soluzione: la licenza obbligatoria che costringe l'azienda a concedere l'uso ad altri. Si tratta di uno strumento previsto dal Wto e che è stato già adoperato in più occasioni", ha spiegato. "Inoltre c'è anche la possibilità dell'obbligo, per lo stesso motivo, del trasferimento delle tecnologie", ha evidenziato la fonte.
"La rimozione dei brevetti non risolverà assolutamente il problema della capacità produttiva. Ora vi è la necessità di produrre il maggior numero di dosi nel minor tempo possibile", ha ribadito. Anche se dovesse andare in porto la strategia della deroga alla proprietà intellettuale, non darebbe comunque i frutti sperati. Sicuramente non in tempo per rispondere all'emergenza.
"Quando parliamo del vaccino di Pfizer, ad esempio, non parliamo di un brevetto unico ma di un insieme di brevetti per i componenti di quel vaccino. Quelli a mRna sono coperti dagli ottanta ai cento brevetti", ha sottolineato un'altra fonte europea. "Ognuno di questi brevetti riguarda quel preciso componente e non permette di avere il quadro generale. Per questo non può essere sufficiente liberalizzare i brevetti per produrre i vaccini. è necessario il trasferimento delle tecnologie e delle conoscenze e ciò non può essere fatto con un atto. E per fare ciò ci vogliono dai sei ai dodici mesi", ha continuato.
Resta dunque imprescindibile la collaborazione delle case farmaceutiche. Si allarga così il fronte politico che si sgancia dalla proposta del capo della Casa Bianca. A Porto anche il presidente francese, Emmanuel Macron, ha fatto intendere di preferire lo sblocco dell'export alla liberalizzazione dei brevetti. "A oggi il 100% dei vaccini prodotti negli Stati Uniti d'America restano nel mercato americano" e "gli anglosassoni bloccano molti dei vaccini e degli ingredienti" senza permetterne l'esportazione, ha criticato il capo dell'Eliseo.