AGI - Senza mai nominarlo apertamente, la Guida Suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei, ha criticato duramente il ministro degli Esteri Javad Zarif per l'audio trapelato nei giorni scorsi di una intervista riservata, in cui, tra le altre cose, attaccava il ruolo predominante dei Guardiani della Rivoluzione nella politica e quello svolto dal generale Qassem Soleimani, il capo delle Forze Quds ucciso dagli Usa in Iraq.
"Abbiamo sentito da alcuni funzionari parole che sono scioccanti e sbagliate", ha detto Khamenei in un discorso alla nazione, trasmesso in tv, in occasione della Giornata internazionale dei lavoratori e del Giorno nazionale degli insegnanti, come riportano i media iraniani.
"Abbiamo sentito che i media nemici e l'opposizione della Repubblica Islamica hanno diffuso queste parole e ce ne rammarichiamo", ha proseguito, "non dobbiamo ripetere quello che dice il nemico".
La Guida Suprema ha poi difeso a spada tratta i Guardiani della Rivoluzione indicando proprio le Forze Quds "il fattore che garantisce l'indipendenza della diplomazia e della politica iraniana nella regione" mentre l'Occidente "ci vuole subordinati a loro".
A rendere ancora più incisivo il suo rimprovero, Khamenei ha ricordato che "la politica estere dell'Iran è determinata dal Supremo consiglio per la sicurezza nazionale" e il compito del ministero degli Esteri è metterla in pratica. L'audio 'rubato' di Zarif - che oggi ha chiesto scusa per l'accaduto - ha scatenato una bufera nella politica iraniana: i conservatori lo hanno accusato di mettere in discussione le grandi linee politiche della Repubblica islamica dell'Iran e in molti ne hanno chiesto le dimissioni.
La fuga di notizie è arrivata a poco più di un mese dalle elezioni presidenziali: Zarif ha sempre negato di volersi candidare, ma per molti osservatori la vicenda dell'audio mette fine a ogni possibile, nascosta aspirazione alla presidenza. Secondo altri, invece, lo scandalo può avere riflessi più immediati sui colloqui indiretti che il governo iraniano sta conducendo con gli Usa a Vienna, per raggiungere un nuovo accordo sul programma nucleare, restringendo lo spazio di manovra dell'ala pragmatica della leadership iraniana, incarnata dal presidente Hassan Rohani e dal suo ministro degli Esteri.