AGI - Sulla base della “dottrina Mitterrand”, a partire dagli anni ’80 la Francia ha concesso l’asilo ad ex terroristi, ad eccezione di quelli che si erano macchiati di reati di sangue. In tutto sono 200 i nomi richiesti da Roma a Parigi, diventata negli anni ’70 e ’80 rifugio di centinaia di attivisti italiani della sinistra radicale, accolti a patto che rinunciassero alla lotta armata. Un’accoglienza che ciclicamente è stata un ‘tema caldo’ del dibattito politico ed intellettuale francese.
Il suo principale artefice è stato l’ex presidente socialista François Mitterrand, in carica dal 1981 al 1995, sulla base di un principio mai scritto ma formulato verbalmente il 21 aprile 1985, in un intervento al 65mo congresso della Lega dei diritti umani. “I rifugiati italiani che hanno partecipato all’azione terroristica prima del 1981 hanno chiuso con la macchina infernale nella quale si erano impegnati e hanno dato il via ad una seconda fase della propria vita, si sono inseriti nella società francese. Ho detto al governo italiano che sono al riparo da ogni sanzione”.
Al presidente del Consiglio italiano di allora, il socialista Bettino Craxi, che chiese l’estradizione di questi rifugiati, Mitterrand confermò che era stato concesso loro “un riparo”. L’idea di fondo della “dottrina”, sottolineano alcuni studiosi francesi, era quella di favorire la pace civile e di concedere agli esiliati politici italiani in territorio francese l’amnistia che il governo di Roma non voleva riconoscer loro.
Le teorie di Mitterrand
In altre occasioni il presidente socialista francese si era già espresso sulla sorte che la Francia riservava a terroristi ed ex terroristi. Il primo febbraio 1985, in un intervento al palazzetto dello sport a Rennes aveva dichiarato: “Sì, ho optato per l’estradizione, senza alcun rimorso, di un certo numero di uomini accusati di aver commesso crimini. Lo dico chiaro e forte: la Francia è e sarà solidale con i suoi partner europei, nel rispetto dei suoi principi, del suo diritto: rifiuterà ogni forma di protezione diretta o indiretta per il terrorismo attivo, reale e sanguinoso”.
Mitterrand riconobbe allora la presenza sul territorio francese di "una trentina di terroristi attivi ed implacabili” che, tuttavia distingueva nettamente da quanti “sono venuti, in particolare dall’Italia, a stabilirsi qui e lì, nella banlieue parigina, pentiti a metà o totalmente, non saprei, ma che sono fuori gioco. Questi mi rifiuto di considerarli a priori terroristi attivi e pericolosi”.
Sull’argomento Mitterrand tornò poi durante un pranzo di lavoro con Craxi, il 22 febbraio 1985. “Abbiamo circa 300 italiani rifugiati in Francia dal 1976 e che da quando si trovano da noi sono ‘pentiti’ e ai quali la nostra polizia non ha nulla da recriminare. C’è anche una trentina di italiani che sono pericolosi, ma sono clandestini. Dobbiamo prima ritrovarli. Saranno successivamente estradati se viene dimostrato che hanno commesso crimini di sangue. Se i giudici italiani ci trasmettono fascicoli seri che dimostrano il fatto di sangue e se la giustizia francese dà il suo parere positivo, allora accetteremo l’estradizione”, si legge nel resoconto del pranzo di lavoro tra Mitterrand e Craxi.
Storici ed analisti francesi fanno risalire l’origine politica della “dottrina Mitterrand” al 1971, subito dopo il Congresso di Epinay, quando scattò un forte interesse dei socialisti francesi nei confronti dell’Italia, guardando alla prospettiva di un accordo di unione della sinistra. Il Partito socialista francese (Ps) aveva massima stima del Partito comunista italiano (Pci), considerato l’unico attore politico in grado di trasformare l’Italia in una vera democrazia.
Gli anni di piombo
Durante quel periodo, il giudizio dei socialisti francesi sull’Italia – in particolare Claude Estier, braccio destro di Mitterrand – era molto pessimistico: “E' uno Stato fragile, dominato da un solo partito, la Democrazia cristiana, non proprio democratica, un Paese dalla magistratura corrotta e nel quale il rischio di colpo di Stato era permanente".
"Quindi bisognava mostrarsi indulgenti nei confronti di quanti si opponevano al regime, anche con la violenza” hanno analizzato Marco Gervasoni e Claude Sophie Mazéas nel libro “La gauche italienne, les socialistes français et les origines de la doctrine Mitterrand” (La sinistra italiana, i socialisti francesi e le origini della dottrina Mitterand).
Fino alla prima metà degli anni ’70 gli estremisti rifugiati in Francia erano poco numerosi in quanto la politica di estradizione dell’allora governo, sotto la presidenza Pompidou, era molto severa. Ma il punto di svolta arrivò con la “dottrina Mitterrand”, a lungo considerata un punto fermo di politica generale in materia di espulsione di attivisti e terroristi italiani. Da allora solo due decreti di estradizione sono stati firmati, entrambi durante la presidenza Chirac: nel 1995 quello nei confronti di Paolo Persichetti, estradato in Italia nel 2002 dopo il via libera del governo Raffarin, e nel 2004 quello per Cesare Battisti.
Il dibattito in Francia
La questione è da sempre molto sentita tra sostenitori – il filosofo Bernard-Henri Lévy, la scrittrice Fred Vargas, i ‘Verts’ (ambientalisti), Lega dei diritti umani e diverse organizzazioni quali France Libertés e Attac – e detrattori della linea portata avanti dai vari governi sulla scia della decisione di Mitterrand.
I primi sostengono che “il presidente aveva dato l’impegno della Repubblica e la dottrina è stata applicata fino al 2002” mentre per i secondi “quanto deciso da un presidente durante il proprio mandato non è fonte di diritto, quindi la sua dottrina non ha alcun valore giuridico”.
Alla fine, nel marzo 2005 il Consiglio di Stato francese, che si era già rifiutato di annullare il decreto di estradizione di Battisti, ha formalmente confermato l’assenza di valore giuridico della “dottrina Mitterrand”. Nel 2008 il presidente Nicolas Sarkozy ha deciso di non attuare il decreto di estradizione di Marina Petrella per motivi di salute. L’Associazione italiana vittime del terrorismo ha più volte espresso “dolore per le conseguenze della dottrina Mitterrand e il comportamento degli intellettuali della sinistra francese”.
In effetti, è lungo l’elenco degli ex brigatisti che ne hanno beneficiato: oltre a Battisti, volto più noto anche Oltralpe, Marina Petrella, Roberta Cappelli, Giovanni Alimonti, Enzo Calvitti, Giorgio Pietrostefani, Toni Negri, Paolo Persichetti, Sergio Tornaghi, Oreste Scalzone, Franco Piperno, Lanfranco Pace, Enrico Villimburgo, Maurizio di Marzio, Vincenzo Spano, Massimo Carfora, Giovanni Vegliacasa, Walter Grecchi. Si troverebbero in territorio francese anche Simonetta Giorgieri e Carla Vendetti, sospettate di contatti con le nuove Brigate rosse.