AGI - La misteriosa epidemia di disturbi intestinali che ha colpito i cani nel Regno Unito all’inizio del 2020 potrebbe essere stata causata da un coronavirus simile a SARS-CoV-2, probabilmente una variante del coronavirus enterico canino (CeCoV).
A rivelarlo uno studio, pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases, condotto dagli scienziati dell'Università di Liverpool e dell'Università di Lancaster, che hanno valutato i sintomi e le manifestazioni dell’epidemia canina e collaborato con i veterinari del Regno Unito per scoprire le cause delle manifestazioni sintomatiche della condizione canina.
I ricercatori sottolineano che questo coronavirus non può contagiare gli esseri umani. I focolai di malattie canine sono complicati da individuare perché i dati solitamente riguardano solo animali domestici portati dai veterinari, e non vengono considerate le informazioni relative agli esemplari randagi. Il team ha distribuito 1.258 questionari a veterinari e proprietari, ottenendo 95 campioni clinici da 71 animali.
Danielle Greenberg, una veterinaria nel nord-ovest dell'Inghilterra, coautrice dell’articolo, ha segnalato circa 40 casi di pazienti animali con difficoltà intestinali, che rimettevano violentemente, per cui ha contattato i colleghi del Regno Unito per valutare le possibili cause dell’epidemia.
Dopo aver analizzato le cartelle cliniche elettroniche che fornivano informazioni su razza, genere, età, stato di vaccinazione e codici di avviamento postale dei proprietari, la scienziata ha eseguito test PCR sui campioni dei cani malati, rivelando un’infezione da coronavirus enterico canino.
Gli autori hanno quindi monitorato l’epidemia, scoprendo che ha avuto inizio intorno a dicembre 2019, con un picco di contagi il due febbraio 2020. Tra i sintomi più comuni sono stati evidenziati nausee e perdita di appetito. Meno dell’un per cento dei cani è deceduto a seguito del virus, e la maggior parte delle infezioni è durata meno di una settimana. “
Questo approccio multidisciplinare – afferma Danielle Greenberg – ci permette di rispondere in maniera rapida alle epidemie canine, siamo stati in grado di individuare un focolaio di gastroenterite e di identificare un CeCoV come potenziale causa. La stagionalità dell’agente patogeno suggerisce che potrebbero verificarsi ulteriori focolai”.