AGI - Il Giappone tira dritto: le Olimpiadi di Tokyo inizieranno come previsto il prossimo 23 luglio.
La revoca della partecipazione della Corea del Nord, pur non priva di risvolti politici, e l'annullamento della partita test di pallanuoto annunciati oggi sono però solo l'ennesimo segnale di una crescente preoccupazione, sia in patria che all'estero, per una possibile quarta ondata, innescata dalla nuova mutazione del coronavirus scoperta in Giappone.
La 'giapponese'
La variante, denominata 'Eek', è responsabile del 70% dei nuovi ricoveri segnalati negli ospedali di Tokyo ed è associata a una maggiore capacità di diffusione e a una sospetta resistenza ai vaccini.
Ancora più preoccupante la situazione epidemica nel distretto di Osaka, dove sabato scorso è stato registrato un record di 666 contagi che ha costretto le autorità locali a imporre blocchi mirati e cancellare la cerimonia della fiamma olimpica.
A Tokyo lunedì sono stati invece accertati 249 nuovi casi di Covid-19, ancora lontani dal picco di 2.500 casi segnato a gennaio.
L'impennata degli ultimi giorni arriva alcune settimane dopo la revoca dello stato d'emergenza dichiarato lo scorso inverno durante la fase più virulenta della pandemia. Il primo ministro, Yoshihide Suga, non esclude l'adozione di nuovi lockdown nella capitale ma continua ad assicurare che i Giochi, inizialmente previsti nel 2020, si svolgeranno come stabilito.
La quarta ondata
I consulenti medici del governo, come il professor Koji Wada dell'Università Internazionale di Tokyo, manifestano però apprensione. "La quarta ondata sarà più vasta", ha dichiarato Wada alla testata indiana 'Business Times', "dobbiamo iniziare a discutere come applicare queste misure mirate all'area di Tokyo".
Quel che è certo è che, anche in assenza di un'impennata dei contagi, l'organizzazione dei Giochi richiederà enorme cautela.
Oltre 60 mila persone da 300 Paesi
Sebbene siano state chiuse le porte agli spettatori stranieri, saranno oltre 60 mila gli atleti, allenatori, giornalisti e membri delle delegazioni che tra 109 giorni giungeranno a Tokyo da oltre 200 Paesi, ognuno con un diverso andamento del contagio, un diverso progresso nella campagna vaccinale e una diversa esposizione alle varianti.
"Considerando il numero di persone che arriveranno e la prevalenza della malattia intorno al mondo, le Olimpiadi potrebbero davvero diventare un 'evento super diffusore' che causerebbe un discreto numero di infezioni, che poi si trasmetterebbero a livello internazionale con il ritorno degli stranieri in patria", ha osservato Spencer Fox, ricercatore dell'università di Austin specializzato in modelli epidemici, in una conversazione con il 'Japan Times'.
Le preoccupazioni
"Le precauzioni messe in campo sono enormi ma non si può mai ridurre del tutto la possibilità di infezioni", ha aggiunto Spencer.
Le autorità giapponesi limiteranno il numero di persone che si potranno muovere in determinati spazi e terranno di fatto isolati dal resto della popolazione i partecipanti ai Giochi, che saranno sottoposti a test prima e durante la loro permanenza.
Rimangono però ancora numerosi punti da chiarire, dal numero di spettatori consentito sugli spalti alle regole che disciplineranno l'andirivieni degli oltre 150 mila addetti che il governo prevede lavoreranno all'evento, dai cuochi al personale delle pulizie.
Rimangono inoltre sullo sfondo i ritardi del Giappone nella campagna vaccinale, solo in parte compensati da una rapidità di trasmissione del virus che è inferiore nel confronto con altre nazioni, anche per le particolari dinamiche sociali nipponiche.
La 'bolla' Nba
"La situazione riguardo il coronavirus è in costante cambiamento e speriamo che gli sforzi del governo, della città di Tokyo e degli altri soggetti coinvolti ci aiuteranno a mitigare l'estensione delle infezioni", ha sottolineato l'organizzazione dei Giochi in una nota.
Il modello è la "bolla" dell'Nba americana, che, lo scorso anno, in tre mesi non ha visto un singolo contagio. Si tratta però di un modello difficile da replicare.
In quel caso le persone isolate nel Walt Disney World Resort di Orlando, in Florida, erano meno di un migliaio. Per i Giochi di Tokyo si parla di oltre 200 mila persone senza contare gli spettatori.
E nemmeno i controlli più rigidi possono eliminare tutti i rischi.
Lo ha dimostrato lo scorso febbraio il caso dell'Australian Open di Melbourne. Nonostante gli obblighi di quarantena per chi arrivava dall'estero e i continui test a cui venivano sottoposti i partecipanti, alcuni atleti tornarono a casa contagiati, in più di un caso dopo aver contratto il virus durante gli allenamenti.