AGI - "Combatto con la morte, ma chiedo comunque di levarvi e andare a votare per il cambiamento: non avrò combattuto per niente": costretto a letto, la voce affaticata, Guy-Brice Parfait Kolelas, principale sfidante del presidente uscente congolese Denis Sassou Nguesso, al potere da 36 anni, ha rivolto un appello video - alla vigilia dell'apertura delle urne nella Repubblica del Congo - chiedendo ai suoi sostenitori di andare a votare.
Per parlare Kolelas si è tolto la mascherina per la respirazione assistita: "È in gioco il futuro dei tuoi figli". Kolelas non ha detto di cosa soffre ma il messaggio è datato venerdì, giornata in cui non ha partecipato al suo ultimo appuntamento elettorale nella capitale Brazzaville.
Secondo fonti del suo entourage, potrebbe esser addirittura già stato trasferito all'estero. Kolelas sfida l''imperatore' - come è chiamato da alcuni degli altri capi di Stato africani - Denis Sassou Nguesso, che guida il Paese dal 1997 e cerca domani un quarto mandato.
Grande favorito, Sassou Nguesso, un ex parà 77enne, è arrivato al potere nel 1979 con un colpo di Stato militare; ha perso le prime elezioni multipartitiche nel 1992, ma è tornato al potere nel 1997, dopo una breve ma sanguinosa guerra civile in cui è stato sostenuto dalle truppe angolane. Da allora è rimasto a capo dello Stato e ha vinto tutte le elezioni, nel 2002, 2009 e 2016, queste ultime bollate come una farsa dalla comunità internazionale e dall'opposizione. Nel 2015 ha promosso una riforma della Costituzione che ora gli consente di candidarsi per un nuovo mandato: al referendum ha ottenuto più del 92% dei consensi, peccato che l'affluenza alle urne non abbia superato il 5% degli elettori.
L'ex ministro Guy-Brice Parfait Kolelas, dell'Unione dei Democratici Umanisti, arrivato secondo alle elezioni del 2016, ha promesso di combattere la corruzione endemica nel Paese. Kolelas si è anche impegnato a rilasciare due candidati alla presidenza del 2016, Jean-Marie Mokoko e Andre Okombi Saliss, che dopo aver contestato i risultati di quel voto, sono stati condannati nel 2018 a vent'anni di carcere per "aver minato la sicurezza dello Stato".