AGI - L'ex presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, non ha sciolto le riserve su una sua possibile candidatura alle elezioni presidenziali del 2022. "Ora non ho testa per pensarci", ha detto nel suo primo discorso da quando lunedì un giudice della Corte Suprema ha annullato la condanna a suo carico per l'appartamento che avrebbe ricevuto come tangente nello scandalo Petrobras, restituendogli la possibilità di un ritorno sulla scena politica. Lula, però, non ha lasciato dubbi sul suo giudizio del governo di Jair Bolsonaro.
Un attacco frontale
Davanti ai media, il 75enne ex leader del gigante sudamericano ha attaccato frontalmente l'attuale presidente per come ha affrontato la pandemia da coronavirus che nel Paese ha ucciso più di 266mila persone, il secondo numero più alto di decessi in tutto il mondo, dopo gli Stati Uniti.
"Non seguite nessuna delle decisioni imbecilli del Presidente o del ministro della Salute", ha tuonato difendendo i vaccini come strumento per fermare la circolazione del virus. "Io mi vaccinerò, indipendentemente dal Paese (di produzione del siero; ndr) e voglio avvertire (di questo; ndr) il popolo brasiliano", ha aggiunto.
Dopo l'iniezione, prevista per la prossima settimana, Lula riprenderà il suo tour tra i brasiliani perché vuole tornare "a combattere instancabilmente" per il suo Paese. Le critiche a Bolsonaro si sono estese poi ad altri temi. "Questo Paese non ha un governo! Non si occupa dell'economia, degli stipendi, dell'occupazione, della salute, dell'ambiente, dei giovani della periferia! Di cosa si occupano?". Lula ha ricordato che "il Brasile non è nato per essere piccolo. Il Brasile è nato per essere grande" sottolineando come, sotto la sua guida, il Paese era arrivato ad essere la sesta economia al mondo.
I sassolini dell'ex presidente
Ex operaio metallurgico e leader sindacale, Lula ha guidato il Brasile dal 2003 al 2010 durante una fase di grande crescita per l'economia. L'ex leader della sinistra brasiliani ha voluto poi togliersi più di un sassolino dalle scarpe dopo i 580 giorni passati in cella. "Sono stato vittima della più grande ingiustizia giudiziaria in 500 anni di storia del Brasile".
E ha poi voluto ricordare come la "pressione" giudiziaria contro di lui "abbia accelerato" i problemi cardiovascolari che alla fine hanno portato alla morte di sua moglie, Marisa Leticia Rocco e come le autorità gli abbiano impedito di partecipare al funerale di suo fratello, Genival Inacio da Silva.
"Se c'è un brasiliano che dovrebbe avere molti e profondi risentimenti, quello sono io. Ma non li ho, non porto rancore contro nessuno, perché la sofferenza che sta vivendo il popolo brasiliano, la povera gente di questo Paese, è infinitamente più grande di qualsiasi crimine commesso contro di me". Ha confessato inoltre di non aver mai perso la speranza di una riabilitazione: "Ero sicuro che la verità avrebbe vinto e quel giorno è arrivato".
Il ringraziamento per la solidarietà
Lula ha infine riservato una parte del suo discorso ai ringraziamenti verso chi gli è stato vicino in questi 18 mesi difficili, tra cui Papa Francesco e il presidente argentino Alberto Fernandez. Figure che, insieme ad altri leader politici, gli hanno dimostrato "continue prove di solidarietà".
Lula ha raccontato che, quando si trovava in carcere, il Papa "ha mandato una persona" a visitarlo con una missiva e che poi lo ha ricevuto in Vaticano. "Non lo ha fatto per avere una lunga conversazione sul mio caso ma per discutere della lotta contro la disuguaglianza, che è il più grande male che esiste oggi sul pianeta Terra".
Fernandez, invece, nel 2019 "ha avuto il coraggio", come candidato alla presidenza del suo Paese, di andare a trovarlo. "Gli ho chiesto di non rilasciare interviste per non essere danneggiato dalla destra, ma lui mi ha detto: 'Lula, non ho nessun problema riguardo a quello che diranno, perché so che sei la vittima della più grande ingiustizia nella politica latinoamericana'". L'ex presidente ha anche rivelato che Fernandez "è stato il primo" a chiamarlo per telefono dopo la decisione del giudice della Corte Suprema.