AGI - Le Adf (Allied Democratic Forces) sono una formazione ribelle nata nel 1995 in Uganda, ma ormai da anni radicata nelle zone orientali della confinante Repubblica democratica del Congo. Guidata da Jamil Mukulu, un ex cattolico convertito all'Islam, è considerata vicina al movimento sunnita Tablighi Jamat e si ritiene sia legata all'Isis, anche se l'affiliazione non è mai stata ufficializzata.
Nel 2020 al gruppo è stata attribuita l'uccisione di almeno 849 civili nei territori di Irumu e Mambasa, nella provincia di Ituri, nonché a Beni nel Nord Kivu, con il rapimento di 534 civili, di cui 457 sono ancora dispersi. Il gruppo jihadista si è formato da un'alleanza tra ex membri del Nalu (National Army for the Liberation of Uganda) e jihadisti del gruppo Salaf Tabliq, uniti dalla lotta contro il presidente ugandese, Yoweri Museveni.
Nella seconda metà degli anni '90 l'Adf lanciò una campagna militare nei distretti del Rwenzori dell'Uganda. La risposta dell'esercito lo costrinse però a spostare le proprie basi sul lato congolese dei Monti Rwenzori. Alla fine di dicembre 2005 una massiccia offensiva militare congiunta delle forze armate congolesi e della missione Onu, Monuc, ha distrutto la maggior parte dei campi dell'Adf e ucciso più di 90 ribelli.
Dalla fine del 2013 l'Adf ha avviato una serie di sanguinosi attacchi contro la popolazione civile del territorio di Beni nel Nord Kivu e gli attacchi contro i civili sono aumentati di 10 volte tra il 2017 e il 2018, nonostante le campagne militari dalle forze ugandesi, congolesi e delle Nazioni Unite.
La regione orientale della Repubblica democratica del Congo, Nord e Sud Kivu e Ituri, è da mesi al centro di un crescente numero di attacchi da parte di vari gruppi, contando da sola la metà di tutte le violenze riconducibili a gruppi armati irregolari dell'intero continente africano. È quanto emerge dall'analisi dei bollettini mensili realizzati dal Centro antiterrorismo dell'Unione Africana (Ua) da cui emerge come ad ottobre l'est del Congosia stata la regione dell'Africa che ha registrato il maggior numero di morti tra civili e terroristi.
"Del numero totale di attacchi perpetrati in tutto il continente (195, ndr), 116 sono stati registrati nella zona, che rappresentano il 63% del totale e segnano un 20% di aumento rispetto ai dati registrati nel mese di settembre. Questi attacchi hanno provocato la morte di 237 persone".
Dal bollettino del centro antiterrorismo africano si apprende inoltre che il gruppo armato dei Mayi Mayi (storica formazione nata tra la fine degli Anni '90 e l'inizio degli anni '2000 come una sorta di autodifesa dalle truppe che ruandesi che per alcuni anni occuparono una parte dell'area) è da mesi il gruppo più attivo nel Paese.
Ai Mayi Mayi il centro affida la responsabilità di 82 attacchi costati 81 morti. "Gli attacchi registrati nel mese di ottobre - si legge nel bollettino del Centro antiterrorismo dell'Unione Africana - evidenziano l'espansione della portata dell'estremismo terroristico e violento nella regione dei Grandi Laghi, che soffre l'azione di gruppi terroristici armati che minacciano la pace e la sicurezza e mirano alle enormi risorse economiche dell'area".
Secondo il centro, "le crescenti attività terroristiche e violente estremiste nella regione dei Grandi Laghi sono le conseguenze dei molteplici conflitti persistenti nella parte orientale del Congo, e potrebbero anche essere influenzate dalle attività terroristiche e di estremismo violento in Mali, Niger, Nigeria, Burkina Faso, Ciad e Camerun".
"Anche le rivalità tra l'Isis e gli affiliati di Al Qaeda nella regione del Sahel potrebbero spingere uno dei due, l'Isis, a guardare ad una nuova area di espansione, che potrebbe essere l'Africa centrale", scrive concludendo la sua breve analisi dell'area il centro antiterrorismo dell'Unione Africana.