AGI - In piena pandemia di Covid-19, domenica il Kosovo torna alle urne con la speranza di uscire dall’instabilità politica e dalla crisi economica, in uno scenario che vede gli ultranazionalisti in posizione di vantaggio. Saranno le quinte elezioni anticipate nel Paese balcanico, circa 1,8 milioni di abitanti, dall’indipendenza dalla Serbia del 2008, indette dopo che nel 2020 sono caduti due governi, per una mozione di censura e per l’annullamento delle votazioni da parte del Tribunale costituzionale.
Si era votato nell'ottobre 2019
L’ultima tornata elettorale, risalente a ottobre 2019, è stata vinta dall'ultranazionalista Albin Kurti, del partito Autodeterminazione (Vetevendosie) che ha messo fine a quasi 20 anni di dominio del Partito democratico del Kosovo (Pdk), al potere dalla fine della guerriglia separatista in lotta contro le forze serbe. Nel marzo 2020 Kurti è stato estromesso dalla carica di premier dopo una mozione di censura. Il Parlamento ha allora votato a favore del conservatore (Ldk) Avdulah Hoti, che solo settimane prima aveva stretto un’alleanze con Kurti, ma lo scorso dicembre il voto parlamentare è stato decretato illegale in quanto uno dei deputati era stato condannato per frode, portando all’annullamento della votazione e il ritorno alle urne del 14 febbraio.
La scelta del nuovo presidente
Il Parlamento che verrà fuori da queste elezioni sarà poi incaricato di eleggere il nuovo presidente, il che presuppone una posizione consensuale tra le varie forze politiche, che al momento non c’è. L’incarico ad interim è attualmente ricoperto dalla presidente della Camera, Vjosa Osmani, che ha rotto con il partito conservatore dell’Ldk per allearsi a Kurti lo scorso novembre, quando il presidente del Kosovo, Hashim Thaci, ha dovuto dimettersi poiché accusato di crimini di guerra commessi tra il 1998 e 2000, anni in cui era uno dei leader della guerriglia indipendentista.
Ultranazionalisti in pole
In base agli ultimi sondaggi, Kurti e la sua formazione ultranazionalista godono del 40 al 50% delle intenzioni di voto, a fronte del 25% ottenuto alle elezioni del 2019. Al secondo posto i democratici del Pdk (22%), seguito dai conservatori Ldk al 19% e dagli ex guerriglieri nazionalisti dell’Aak, all’8%.
L’instabilità politica è un problema cronico del Kosovo: dall’indipendenza dalla Serbia nel 2008, nessun governo è mai riuscito a portare a termine la legislatura. I mali che affliggono il Paese sono la corruzione endemica, il nepotismo delle élite politiche che non hanno conseguito risultati promettenti nel settore economico e occupazionale, alimentando il malcontento dei cittadini. Oltre agli 1,8 milioni di residenti nel Paese, ci sono 800 mila kosovari emigrati all'estero, circa il 30% della popolazione, percentuale che sale al 55% se su considerano i giovani. Le loro rimesse rappresentano il 15% del Pil. La pandemia di Covid-19 ha causato una contrazione della crescita dell’8,8% e oltre 92 mila posti di lavoro sono andati persi.
Il mancato riconoscimento di Serbia e Russia
L’altra zona d’ombra rimane il mancato riconoscimento del Kosovo da parte di diversi Stati tra cui Serbia, Federazione Russa, 5 membri Ue – Spagna, Cipro, Grecia, Slovacchia e Romania – e Repubblica popolare cinese. Inoltre è ancora lontana la soluzione del conflitto con la Serbia, che impatta sulla vita quotidiana, in particolare sull’erogazione di energia elettrica, telecomunicazioni, circolazione di merci e persone. I negoziati tra i due Paesi, avviati nel 2011, sono un processo molto lento e ancora tutto in salita, ripreso lo scorso luglio dopo una sospensione durate un anno e mezzo. Del resto in Kosovo le forze politiche che contano non sono ben disposte a negoziare con la Serbia, ma prima o poi una soluzione andrà trovata, come richiesto dalla comunità internazionale.