AGI - È morto George Shultz, segretario di Stato sotto la presidenza di Ronald Reagan e pilastro della politica estera del disgelo negli anni ’80.
Shultz aveva cento anni. Per sei anni aveva guidato la diplomazia americana, un record dalla Seconda guerra mondiale, ma Shultz si era guadagnato sul campo l’incarico: fu lui a incoraggiare Reagan a cercare un dialogo con l’Unione Sovietica, nonostante la forte opposizione del Pentagono.
Nato a New York il 13 dicembre 1920, Shultz era avviato alla carriera di economista, dopo la laurea alla Princeton University e quella in economia industriale al Mit di Boston, dove insegnò per quasi dieci anni.
Nominato preside alla School of Business dell’università di Chicago, venne chiamato da Richard Nixon nel ’69 come ministro del Lavoro. L’anno dopo Shultz divenne il primo direttore del nuovo ufficio del budget, per poi essere nominato segretario del Tesoro. Con Reagan, invece, il passaggio al ruolo per cui viene ancora ricordato: quello di ministro degli Esteri, al posto del dimissionario Al Haig.
Decisivo fu un contrattempo avvenuto nell’83: una tempesta di neve che aveva bloccato Reagan a Washington.
Il presidente aveva invitato a cena Shultz e la moglie e il ministro degli Esteri ne aveva approfittato per convincere Reagan a incontrare i rappresentati di Mosca e sondare la possibilità di una ripresa dei rapporti.
Un mese dopo, Shultz portò alla Casa Bianca l’ambasciatore Anatoly Dobrynin, nonostante la forte opposizione del Pentagono e dei consiglieri della Sicurezza nazionale.
L’avvento al Cremlino, due anni dopo, di Mikahil Gorbaciov, fu tempisticamente perfetto: gli Usa, grazie a Shultz, erano già pronti a intraprendere un percorso che avrebbe cambiato i rapporti globali.