AGI - "Zio Armin” ha vinto la prima battaglia, dando ufficialmente il via all’ultima fase del lungo addio di Angela Merkel. Eletto con 521 voti contro i 466 voti del principale antagonista, l’ultra-liberista Friedrich Merz, Armin Laschet ha conquistato la guida del partito che fu di Adenauer e di Kohl dopo oltre un anno di lacerazioni, due rinvii del congresso a causa della pandemia da coronavirus, una leader dimissionaria da quasi un anno, Annegret Kramp-Karrenbauer, al termine di una partita a tre che è stata anche lo specchio di quanto sia difficile gestire l’uscita dalla lunghissima stagione della cancelliera venuta dall’est. Sedici anni al governo - tanti saranno al momento delle prossime elezioni federali, fissate per il 26 settembre – sono un’infinità anche per un Paese come la Germania, che fa della stabilità il totem assoluto della sua vita pubblica.
Fiducia elemento fondante
Il terzo candidato, il presidente della Commissione esteri al Bundestag, il ‘modernista’ Norbert Roettgen, è stato eliminato alla prima votazione: per lui hanno votato solo 224 delegati. A conti fatti, è evidente che buona parte dei suoi voti sono confluiti su Laschet. L’elezione andrà poi certificata per via postale dai delegati, con il risultato ufficiale che sarà annunciato il 22 gennaio: si tratta di un passaggio formale, ultimo accorgimento di garanzia per quello che è stato il primo congresso di partito interamente digitale della storia.
“Vinceremo soltanto se rimaniamo forti al centro della società”, ha scandito Laschet – che è anche governatore del Nord-Reno Vestfalia - nello studio televisivo della Cdu realizzato alla Fiera di Berlino rivolgendosi ai 1001 collegati on line. Appoggiato alla tribuna, ha ricordato il fatto di essere figlio di un minatore che lo educò al credo della “fiducia” come elemento fondante per la coesione di una società: “E’ la fiducia”, così Laschet, che ha permesso alla cancelliera Merkel di costruire la stabilità della Germania, è la fiducia che fa sì che il Paese “rispetto a 15 anni fa non venga più chiamato il malata d’Europa” crescendo ad essere la più poderosa economia ed il principale ‘global player’ del Vecchio Continente.
Continuità con Merkel
Fiducia, moderazione, dialogo: in una parola, il messaggio della continuità rispetto al lungo regno merkeliano. Anche in politica estera, nella sua posizione rispetto agli equilibri transatlantici: non cita Joe Biden, il nuovo capo dei cristiano-democratici, ma parla esplicitamente del “veleno inserito nell’anima americana da Donald Trump”. Secondo l’uomo della Renania, proprio nell’America “sinonimo di democrazia”, la “fiducia è stata distrutta”, a causa di un presidente “che ha polarizzato, seminando sfiducia e divisioni”.
Un discorso più appassionato del previsto, quello di Laschet, che non a caso ha voluto anche ricordare l’assassinio di Walter Luebcke, presidente del distretto di Kassel e figura di spicco della Cdu, “assassinato per le sue idee”: in altre parole, è stato vittima del clima delle contrapposizioni portate alle estreme conseguenze. “Ma noi non consegneremo la Germania al terrore di destra”, insiste nel suo discorso, ripetendo che “è fin troppo facile diffondere il veleno, anche per via digitale: invece dobbiamo essere in grado in integrare, tenere insieme la società. È un duro lavoro, bisogna saper ascoltare trattare e anche chi non si ama, cercando alla fine i compromessi e le soluzioni che le persone si attendono da noi”. Quello di cui oggi c’è bisogno, dice il governatore, è “un decennio della modernizzazione”; non un “one man show”, ma un lavoro di squadra.
Strada lunga prima delle elezioni
La partita che porterà al successore di Angela Merkel è tutta ancora da giocare, ed è tutta in salita. Anche se con l’elezione di Laschet comunque un primo ostacolo è stato superato: sulla carta, l’uomo della Vestfalia è il più adatto a trattare con i Verdi, che le quotazioni (e i sondaggi) danno in pole position per un futuro governo assieme all’unione di cristiano-democratici e cristiano-sociali bavaresi. E non è un caso, infatti, che tra gli auguri arrivati dopo la sua vittoria al congresso risultino particolarmente calorosi quelli arrivati dal partito ambientalista, cominciando da quelli dei due co-leader, Robert Habeck e Annalena Baerbock, secondo i quali al nuovo leader spetta il difficile compito “di ridefinire la Cdu dopo l’era Merkel”.
In realtà, Laschet ha mostrato in numerose occasioni di volersi tenere le mani libere anche per altre costellazioni, per esempio con i liberali dell’Fdp (che però attualmente non vanno oltre il 7% nei sondaggi). Il punto è che il ‘mistero’ della formula merkeliana, quella di riuscire a tenere la quadratura tra il conservatorismo originario della Cdu con le fughe in avanti di marca progressista per esempio su temi sociali, dell’ambiente e delle migrazioni, non è certo alla portata di tutti ed è oggetto di continue tensioni all’interno del mondo cristiano-democratico. E’ stato così nel 2015, quando la crisi dei migranti era al suo apice, lo è stato dopo le elezioni del 2017, quando la Cdu alle urne aveva subito una drammatica emorragia mentre per la prima volta l’ultradestra dell’Afd aveva fatto il suo rumoroso ingresso al Bundestag.
La concorrenza dei colleghi di partito
Non a caso, il due volte sconfitto (ma popolarissimo all’interno del partito) Friedrich Merz ha continuato a picchiare duro sulla necessità della Cdu di “ritrovare la sua identità”, colpendo sistematicamente i temi più cari alla cancelliera. Porte aperte dunque alla corsa di Laschet per la cancelleria? Nient’affatto. Intanto il nuovo leader deve fare i conti con la concorrenza interna: in primis quella del governatore bavarese Markus Soeder, che in teoria non è candidato ma a cui tutti accreditano ambizioni da cancelliere. Ad aiutarlo sono anche i sondaggi, gli ultimi dei quali certificano che oltre il 54% dei tedeschi lo vede più “adatto” a prendere il posto oggi ancora occupato da Frau Merkel.
Poi c’è la partita che sta giocando il ministro alla Salute Jens Spahn: anche lui nei sondaggi nazionali risulta più popolare di Laschet - al fianco del quale si è presentato in ticket a questo congresso – e soprattutto, è cronaca dei giorni scorsi, avrebbe sondato presso molti colleghi di partito le proprie chances come candidato del blocco Cdu/Csu alla cancelleria. E' da notare che Laschet non ha fatto esplicito riferimento alla propria pretesa di voler ascendere al posto di Merkel. Forse perché ha ben presente i sondaggi della signora ‘venuta dall’est’: non solo la cancelliera gode di una popolarità senza precedenti, ma a Berlino sono moneta sonante le stime secondo le quali gli attuali consensi di Cdu/Csu presso i tedeschi rischiano una drammatica emorragia una volta venuto meno il ‘bonus Merkel’.
Basta un po’ di buona memoria: per esempio nei Laender dell’ex Ddr, dove va ancora forte l’ultradestra, i favori nei confronti della cancelliera sono ben più bassi che all’Ovest, ed è difficile pensare che dopo la pandemia tutto questo sarà dimenticato. I prossimi banchi di prova sono le elezioni di marzo nei Laender della Renania Palatinato e Baden Wuerttemberg. “Io farò di tutto perché la Cdu affronti questi appuntamenti elettorali e decida il prossimo cancelliere”, ha scandito Laschet.