AGI - “La democrazia non può funzionare sotto il ricatto delle armi e la violenza è sempre inaccettabile. Abbiamo assistito a un processo elettorale che è andato avanti, e sebbene sia stato segnato da difetti e da limiti, di fatto, molta gente ha votato. E questo non può essere annullato o rimandato perché uno o più gruppi armati hanno deciso che non si devono tenere le elezioni territori da loro controllati”.
Sulla situazione di crisi sviluppatasi nella Repubblica Centrafricana dallo scorso 19 dicembre, pochi giorni prima delle elezioni generali del 27, interviene Mauro Garofalo, con una dichiarazione a InfoAfrica, esponente della Comunità di Sant'Egidio, che per il raggiungimento degli accordi di pace del 5 febbraio del 2019 ha giocato un ruolo di facilitatore al fianco dell'Unione Africana, delle Nazioni Unite e dei governi della regione tra cui il Sudan, il quale ha anche ospitato le trattative e la firma dell’accordo.
Un accordo volato in frantumi da quando alcuni dei gruppi ribelli armati firmatari hanno deciso di allearsi sotto una nuova sigla, la Coalizione di patrioti per il cambiamento (Cpc), e di ostacolare il processo elettorale ad ogni costo, minacciando anche di ‘prendere’ Bangui, la capitale.
Dopo diverse azioni in provincia, che hanno portato a scontri e sfollamento di migliaia di civili – tra l’altro a Bangassou, Grimari, Bouar, Boali – mercoledì mattina, un folto numero di ribelli armati, a piedi, ha cercato di invadere la capitale attraverso i punti d’accesso Pk9 e Pk12, scontrandosi con la resistenza delle forze di sicurezza (militari centrafricani, caschi blu ruandesi, contractors russi) e dando luogo a combattimenti in cui almeno un casco blu è stato ucciso e hanno perso la vita, secondo il governo, almeno 30 assalitori.
"E' grave quello che è successo a Bangui, anche se è stato represso in maniera piuttosto veloce, è grave quello che è successo a Bangassou, dove tutta una serie di progetti sono stati distrutti”, commenta Garofalo, ricordando che la Comunità di Sant’Egidio opera in Centrafrica a sostegno di reti sanitarie, in particolare nella cura dell’Aids e ora anche per la prevenzione dal coronavirus.
Cercando di capire quali siano le reali motivazioni che hanno spinto alcuni gruppi armati a voler risollevare una polveriera in una nazione già spezzata da anni, che faticosamente sta cercando di ritrovare una base di pace e di stabilità per poter pensare allo sviluppo, Garofalo ricorda che “l’implementazione dell’accordo è sempre stata molto difficoltosa. È stato un accordo complicato, con al centro tante questioni, tra cui il disarmo, il reinserimento dei combattenti, la trasformazione in partiti politici. Più che dei motivi puntuali sull’implementazione dell’accordo, è stata la concomitanza con le elezioni ad accendere la tensione. Con un posizionamento rispetto a quello che accadrà nei prossimi mesi. L’elemento scatenante – aggiunge l’esponente di sant'Egidio - è stato poi il ritorno dell’ex presidente Bozizé, oggi ricercato e in fuga, (nel dicembre del 2019, un anno prima che scoppiasse quest’ultima crisi, Ndr), che ha fatto da coagulante a tutta una serie di realtà”.
Dai primi risultati provvisori delle elezioni presidenziali, già annunciati dall’Autorità nazionale per le elezioni (Ane), il presidente Faustin Archange Touadera è stato rieletto al primo turno, in attesa del verdetto della Corte Costituzionale che deve pronunciarsi sui ricorsi.
“L’elezione di Touadera nel 2016 era stata giudicata da tutti miracolosa per un paese a lungo instabile e ingestibile. Si stava cercando di voltare pagina. Purtroppo, vista la cronaca, ci sono ancora elementi che credono di poter risolvere la questione come nel passato: prendendo le armi, scendendo su Bangui e rovesciando chi governa. Le cose però sono cambiate. Molti partner internazionali sono presenti, anche nuovi partner. Possiamo permettere che si interrompa la marcia in atto da sette anni?”. La domanda retorica, troverà forse risposte in un nuovo dialogo, se i protagonisti di questa nuova crisi accetteranno far tacere le armi.