AGI – Solo 1,1 milioni di persone in più, appena lo 0,35 per cento, in un anno: l’incremento di popolazione negli Stati Uniti, secondo i dati raccolti nell’ultimo censimento americano che si è concluso a luglio, è il più basso del secolo e il Covid risulta tra le cause significative più recenti.
Neppure l’epidemia dell’influenza spagnola del 1918 aveva prodotto conseguenze così nefaste: allora l’incremento della popolazione era stato dello 0,49 per cento, nonostante i soldati impegnati all’estero sul fronte della Prima Guerra Mondiale. Di tutti gli Stati, solo cinque hanno registrato un aumento significativo: l’Idaho con un più 2,1 per cento, l’Arizona a +1,8, il Nevada +1,5, lo Utah +1,4 e il Texas che è cresciuto dell’1,3 per cento.
Sedici Stati hanno perso abitanti: tra questi la popolosa California, che resta in testa alla classifica con 39 milioni e 300 mila abitanti, ma ha perso lo 0,18 per cento. Il declino demografico maggiore è stato subito da New York, che nei primi mesi della pandemia è stato l’epicentro dei contagi: dal 2016, l’Empire State ha perso 126 mila abitanti considerati stabili, cioè presenti anche quattro anni fa, e pari allo 0,65 per cento, molti dei quali concentrati nell’ultimo anno.
La tendenza alla crescita sottozero non risparmia nemmeno un paradiso terrestre come l’arcipelago delle Hawaii, che ha perso lo 0,63 degli abitanti. Negli Stati Uniti, il censimento non serve solo per gli studi demografici, ma per fissare la distribuzione dei fondi federali e dei seggi elettorali al Congresso. Con questi ultimi dati, New York e la California potrebbero perdere un seggio alla Camera, per la California sarebbe un primato storico, mentre il Texas potrebbe guadagnarne tre e la Florida due.
“La curva demografica era già in stallo da anni a causa delle politiche migratorie e del calo della fertilità, ma certamente la pandemia e la crisi che ne è conseguita hanno lasciato il segno”, ha commentato William Frey del programma per le politiche metropolitane della Brookings Institution di Washington.