AGI - L'assassinio, a nord di Teheran, dello scienziato Mohsen Fakhrizadeh - per mano del Mossad, a sentire il regime iraniano - chiude un anno, il 2020, iniziato per l’Iran con un’altra vittima illustre.
Il 3 gennaio era stato ucciso a Baghdad dal missile di un drone Usa Qassem Suleimani, il potente comandante delle forze al-Quds, le unità speciali dei Guardiani della rivoluzione, una figura quasi leggendaria, al cuore di tutti i disegni geopolitici di Teheran in Medio Oriente.
Adesso, per gli ayatollah, un’altra perdita di primissimo piano. Mentre gli ultimi colpi di coda dell'amministrazione Trump appaiono come il riflesso di quello che è stato uno dei ‘leitmotiv’ della sua presidenza, la convinzione che l'Iran sia il male assoluto.
E quando manca neppure un mese dall'insediamento di Joe Biden, uno dei temi che più hanno caratterizzato i quattro anni dell’amministrazione Trump -lo scontro aperto con l'Iran- rischia di avvelenare l’ingresso del futuro presidente americano alla Casa Bianca.
Il presidente Donald Trump non ha commentato l'attacco odierno, ma ha ritwittato la notizia dal New York Times e rilanciato due tweet, in inglese ed ebraico, di un giornalista israeliano, Yossi Melman, secondo cui l'omicidio è stato un "pesante colpo psicologico e professionale per l'Iran".
Neppure Israele ha parlato; ma l'omicidio di almeno quattro scienziati iraniani legati al programma nucleare tra il 2010 e il 2012, tutti molto vicini a Fakhrizadeh, era stato attribuito ai suoi tempi al Mossad, i servizi segreti israeliani all'estero, cosa che nessun portavoce ha mai ammesso ma neppure negato.
Oltre ad essere un alto ufficiale del corpo d'elite dei Guardiani della Rivoluzione, Fakhrizadeh era il più famoso scienziato nucleare iraniano: professore di fisica, secondo documenti ottenuti da Israele nel 2018, era stato alla guida del progetto Amad, il programma segreto creato nel 1989 per le ricerche sul nucleare, chiuso poi nel 2003.
Nel 2015 il New York Times lo aveva paragonato a J. Robert Oppenheimer, il fisico che durante la Seconda Guerra Mondiale, nell'ambito del Progetto Manhattan, produsse le prime bombe atomiche.
Figura abituata a vivere nell'ombra, era da tempo in cima alla 'black list' del Mossad.
L'assassinio arriva in un momento di crescenti tensioni tra Teheran e Washington: proprio il presidente uscente è stato dissuaso dal colpire l'Iran solo due settimane fa. Il 12 novembre Trump ha riunito i suoi più stretti collaboratori nello Studio Ovale perché meditava un’azione mirata contro il principale sito nucleare iraniano, quello di Natanz.
Lo hanno dissuaso avvertendolo che uno scontro aperto avrebbe potuto degenerare in un conflitto più ampio e dalle conseguenze imprevedibili. Pochi giorni dopo, però, il segretario di Stato, Mike Pompeo, ex direttore della Cia, è volato in Israele. In questo scorcio finale di presidenza, licenziato il capo del Pentagono, Mark Esper, Trump deve aver pensato ad operazioni, palesi o segrete, contro l’Iran; oppure il suo fedele alleato in Medio Oriente, Benjamin Netanyahu, che in vari momenti è stato sul punto di attaccare gli impianti nucleari iraniani, potrebbe aver voluto agire mentre Trump è ancora alla Casa Bianca.
Per Biden, sono tutte mosse che si tradurranno in un ostacolo in più sulla strada del tentativo di riportare gli Usa a quell'accordo sul nucleare iraniano siglato nel luglio 2015 e che è stato abbandonato dagli Usa. Per l’Iran invece un brutto colpo. Teheran minaccia vendetta, “una terribile vendetta”, ha avvertito il capo di Stato maggiore, generale Mohammad Bagheri.
Ma per gli ayatollah, la morte di Fakhrizadeh, dopo quella di Soleimani, chiude un 'annus horribilis'.