AGI – Può un aeroporto nato sulle macerie essere eroico? Se la storia è quella di Tegel, la risposta è sì.
E oggi c’è una nuova conferma: lo scalo berlinese, chiuso appena tre settimane fa in parallelo all’apertura del nuovo aeroporto intitolato a Willy Brandt, è stato scelto per ospitare uno dei principali centri tedeschi per la vaccinazione anti-Covid.
Dal blocco della capitale al Covid
Dalla guerra fredda alla guerra contro la pandemia, si potrebbe dire: sì perché qui, nella zona nord-ovest della capitale tedesca, si decise il destino di Berlino. Ossia di quello che nel 1948 era l’ombelico di un mondo spaccato in due: socialismo e capitalismo democratico, Unione sovietica e America, piano quinquennale e libero mercato, Skoda e Ford, vodka e Coca-cola.
E pensare che ogni volta il futuro di Tegel avrebbe dovuto essere un altro: sull’ex campo per il lancio di razzi e per le esercitazioni della Luftwaffe nazista (compresi i V2 che avevano terrorizzato Londra), ora completamente devastato dalle bombe, sarebbero dovute sorgere nuove abitazioni, di cui una città in ginocchio come la Berlino dell’immediato dopoguerra aveva un disperato bisogno.
Ma la storia dispose diversamente le sue pedine: i sovietici decisero il blocco di Berlino Ovest, tagliando fuori da ogni collegamento con l’Occidente (niente elettricità, niente traffico, né di merci né di persone: e stiamo parlando di 2,2 milioni di berlinesi, più gli oltre 20 mila soldati alleati con le loro famiglie).
Nato per rompere l'assedio
In un primo momento a Washington avevano pensato di abbandonare a se stessa la parte occidentale della città divisa: si oppose il generale Lucius Clay, comandante del corpo statunitense di stanza a Berlino, ma furono i francesi a lanciare l’idea di costruire in tempi record un aeroporto militare per aiutare americani e britannici a realizzare quello che è forse il più spettacolare e imponente ponte aereo del Novecento.
Realizzato in appena 90 giorni, grazie anche al know-how statunitense e la forza lavoro tedesca, lo scalo cominciò a prendere forma a partire dal 5 agosto 1948, quando s’iniziò a costruire quella che sarà per molto tempo la più lunga pista aeroportuale d’Europa (per la precisione 2428 metri), mentre i primi terminal e gli altri spazi comuni vennero costruiti con materiali a malapena improvvisati.
Il primo aereo – un Douglas C-54 – atterrò a Tegel il 5 novembre 1948: un mese prima dell’inaugurazione ufficiale dello scalo.
Un carico ogni due minuti
Un’operazione apparentemente disperata, quella di rifornire 2 milioni di persone con una “Luftbruecke” (ponte aereo in tedesco), operativa fino al 10 maggio 1949: i viveri in magazzino erano sufficienti per 30 giorni, i medicinali per un paio di settimane.
Ogni due minuti un aereo scaricava e ripartiva, salvando Berlino Ovest e con essa l’avamposto del mondo occidentale ben al di qua della cosiddetta cortina di ferro. Certo non solo una presenza simbolica, come sta a dimostrare il Muro tirato su - anch’esso in un lampo - dalla Germania dell’Est nell’agosto del 1961, divenuto il marchio in pietra e filo spinato di un mondo diviso in due blocchi, la cicatrice che fino al 1989 avrebbe spezzato obliquamente Berlino e la storia del Novecento.
La porta sul mondo
“Per noi berlinesi Tegel è stata la porta d’accesso al mondo” durante i lunghi decenni della guerra fredda, ha detto il sindaco della capitale, Michael Muller, al momento della chiusura dello scalo.
Perché dopo l’epopea del ponte aereo, fu sempre quest’aeroporto a connettere Berlino Ovest al resto del mondo: ancora una volta i primi ad offrire voli civili verso Tegel furono i francesi, nel 1960.
Quattro anni dopo si aggiunse anche la Pan Am, che organizzò l’avveniristica (date le circostanze) tratta diretta con New York. Per un tempo infinito solo alle compagnie aeree statunitensi, britannici e francesi (ossia, a parte i sovietici, quelle che erano state le potenze occupanti della Berlino del dopoguerra) era permesso atterrare qui: il primo volo della tedesca Lufthansa a cui è stato concesso scendere a Tegel è datato 1990, con la riunificazione delle due Germanie, ossia un anno dopo la caduta del Muro.
La storia non ha perso la sua morsa su Tegel neanche negli anni successivi: dopo il trasferimento della capitale tedesca da Bonn a Berlino, nel 1999, era a Tegel che arrivavano e partivano i potenti della Terra in missione in Germania, era qui che si ricevevano e si salutavano i capi di Stato, era qui che atterrava l’Air Force One dei presidenti americani.
Un destino segnato
Con l’apertura del BER – l’aeroporto di Berlino e Brandeburgo intitolato non a caso al cancelliere della Ostpolitik, costato il triplo del previsto (oltre 8 miliardi di euro) e la cui realizzazione è durata due decenni pieni, con ritardi ed errori clamorosi – il destino di Tegel sembrò segnato un’altra volta: progetti che parlano di abitazioni private, di un parco destinato alla ricerca scientifica e industriale.
E invece anche in quest’area è stato la pandemia del coronavirus a cambiare le carte in tavola: laddove ancora un cartello in color arancione dà il “cordiale benvenuto” ai viaggiatori in arrivo a Berlino arriveranno migliaia di persone a sottoporsi al vaccino realizzato a velocità della luce per debellare la pandemia.
Centro vaccinale
In particolare, sarà il Terminal C ad essere ristrutturato per ospitare entro metà dicembre uno dei sei centri per la vaccinazione della capitale tedesca (gli altri sorgeranno alla Fiera di Berlino, all’ex aeroporto di Tempelhof, al Palaghiaccio Erika Hess, al velodromo cittadino e nell’arena cittadina): da 3000 a 4000 persone al giorno troveranno qui il farmaco della speranza.
Anche se la ristrutturazione ancora non è cominciata, i Tir hanno già cominciato a fare la spola davanti all’ex aeroporto in questi giorni. Le autorità hanno iniziato ad individuare i circa 250 tra medici, infermieri e altri collaboratori necessari a mettere in piedi il centro.
Come fanno sapere i responsabili di questa nuova “operazione Tegel”, si cerca anche personale di sicurezza: c’è il timore che gruppi di negazionisti del Covid prendano d’assalto la struttura tentando di impedire le vaccinazioni. Sì, sono i paradossi della storia: ma non è certo il primo che si manifesta sulle piste di Tegel.