AGI - Dopo un mese e mezzo di combattimenti, Armenia e Azerbaigian, con la mediazione della Russia, hanno firmato un accordo per mettere fine alla nuova esplosione di violenza in Nagorno-Karabakh, regione autonoma a maggioranza armena, contesa da decenni. L'intesa, "dolorosa" per Erevan come ha ammesso il premier Nikol Pashinyan, ha scatenato la furia degli armeni che nella notte hanno assaltato il palazzo del governo e il Parlamento, chiedendo le dimissioni del capo dell'esecutivo.
Pashinyan ha smentito con un post su Facebook le voci che lo davano in fuga: "Sono ovviamente in Armenia e continuo a lavorare come primo ministro". La polizia ha ripreso il controllo della situazione ma sono girati appelli a scendere in strada e manifestare contro il leader armeno, arrivato al potere due anni fa sull'onda di proteste pacifiche.
Celebrazioni invece in Azerbaigian che vede riconosciute le conquiste sul territorio degli ultimi giorni, zone perse nei combattimenti con i separatisti armeni negli anni '90, a cominciare da Shusha, seconda città della regione. "È essenzialmente una capitolazione", ha commentato il presidente azero, Ilham Aliyev, sottolineando che al premier armeno non è stata lasciata scelta.
Soddisfazione anche della Turchia, alleata di Baku, che ha sottolineato "i risultati significativi" conquistati dagli azeri "sul campo e al tavolo negoziale". "Continueremo a essere una nazione, un cuore con i nostri fratelli azeri", ha commentato il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu.
Cosa prevede l'intesa
L'accordo prevede un completo cessate il fuoco, entrato in vigore a partire dalla mezzanotte (ora di Mosca, le 22 in Italia); le due parti manterranno le posizioni conquistate (un punto a favore delle forze armate azere che in queste settimane sono avanzate, impossessandosi del 15-20% del territorio). Erevan dovrà restituire a Baku il controllo del distretto di Aghdam entro il 20 novembre, il distretto di Kalbajar entro il 15 novembre e il distretto di Lachin entro il 1 dicembre. Inoltre, dovrà garantire i trasporti tra l'Azerbaigian e la Repubblica autonoma di Nakhchivan, enclave azera in Armenia al confine con la Turchia.
La Russia dispiegherà poco meno di 2 mila militari nella regione contesa, lungo la frontiera; a loro anche il compito di assicurare la sicurezza del corridoio di Lachin, largo 5 km, che collega l'enclave con l'Armenia e permette di aggirare la città di Shusha, caduta sotto controllo azero. La missione di peacekeeping russa durerà 5 anni e sarà rinnovata automaticamente finché rimarrà in piedi l'accordo tra Baku ed Erevan. Nell'intesa è previsto anche lo scambio di prigionieri di guerra e altri detenuti, così come il ritorno nel Nagorno-Karabakh di sfollati e rifugiati. Secondo Aliyev, la Turchia verrà coinvolta nell'attuazione dell'accordo.
Partono i primi peacekeeper russi
Da Parigi si è fatto sentire il presidente francese, Emmanuel Macron, che ha lanciato un appello per una "soluzione politica duratura" al conflitto in Nagorno-Karabakh. Il capo dell'Eliseo ha ugualmente esortato Ankara a "mettere fine alle provocazioni", sostenendo che un'intesa di lungo periodo alla crisi dovrebbe anche "preservare gli interessi armeni".
Il ministero della Difesa russo ha annunciato che i primi peacekeeper russi sono partiti la notte scorsa per giungere a destinazione nella regione contesa. Nonostante i tre precedenti tentativi di cessate il fuoco siano falliti, questa intesa sembra reggere. Secondo la portavoce del ministro della Difesa armeno, Shushan Stepanyan, la situazione all'alba era calma e "le operazioni di combattimento su tutta la linea del fronte sospese". Oltre 1.400 persone sono morte nelle sei settimane di violenti scontri e bombardamenti, compresi decine di civili, ma il bilancio reale si ritiene sia molto più alto.