AGI - "I Never Trumper hanno perso, MAGA ha vinto". Questa la sintesi del voto fornita da Ann Coulter, una delle più ascoltate opinioniste conservatrici degli Stati Uniti. Le elezioni del 3 novembre non hanno spaccato a metà solo gli Usa ma anche i due grandi partiti americani. Nel campo democratico, moderati e sinistra si accusano a vicenda del risultato non brillante per Camera e Senato (non improbabile che il capro espiatorio diventerà Nancy Pelosi: facile addurre motivi anagrafici per negarle altri due anni da speaker).
I 'Never Trumper' rialzano la testa
Tra i Repubblicani, che in questi quattro anni si sono sempre dimostrati leali con il presidente a Capitol Hill, la sconfitta dà ai "Never Trumper" l'occasione per rialzare la testa e asserire: noi ve l'avevamo detto. Dal senatore della Florida Marco Rubio al governatore del Maryland Larry Hogan, non manca chi non nasconde di ritenersi l'uomo giusto per imprimere al 'Gop' quell'inversione a 'U' di cui avrebbe tanto bisogno per tornare a vincere nel 2024.
Trump ha provocato nel partito una mutazione irreversibile e ha costruito una base popolare che ormai gli è fedele, tanto che c'è chi gli suggerisce di ritentare, tra quattro anni, come indipendente sotto la sigla 'MAGA', Make America Great Again, lo slogan con cui andò alla Casa Bianca nel 2016. Che i vari Rubio e Hogan si consolino quindi - è la tesi principali tra i commentatori orientati a destra - la domanda non è se nel 2024 il candidato repubblicano sarà o meno trumpiano bensì se sarà Trump stesso a riprovarci (lui stesso parrebbe non escluderlo) o se ci sarà qualcuno a raccoglierne l'eredità.
Parte il 'totocandidato' nel partito Repubblicano
E' qui che il 'totocandidato' si fa interessante. Le ipotesi più scontate e istituzionali riguardano ex membri dell'amministrazione uscente. Girano i nomi del vice presidente Mike Pence, del segretario di Stato Mike Pompeo e dell'ex ambasciatrice Onu Nikki Haley. Proveniente da quel 'Tea Party' che del trumpismo fu brodo di coltura, la Haley è un falco in politica estera e non condivideva l'isolazionismo di 'The Donald'.
In tempi di femminismo intersezionale, per i repubblicani sarebbe però un'occasione troppo ghiotta smentire gli stereotipi e lanciare per la Casa Bianca una donna, per giunta appartenente a una minoranza etnica. Un altro da tenere d'occhio è il senatore dell'Arkansas Tom Cotton, giovane (nel 2024 avrà 47 anni), veterano di Iraq e Afghanistan e, soprattutto, una formidabile macchina da campagna elettorale, tanto da essere apparso molto spesso ai comizi altrui. Gira parecchio anche il nome di Ted Cruz, l'ultimo a cadere nelle primarie del 2016 che incoronarono il tycoon. Il senatore del Texas piace alla destra religiosa e ai falchi anti deficit (sul fronte fiscale è stato molto battagliero negli ultimi quattro anni) ma forse non è abbastanza 'MAGA'.
Ci sarebbe poi il popolare governatore del Texas Greg Abbott, su cui i bookmaker sembrano puntare parecchio. L'interessato, a chi gli chiede se stia puntando a un incarico più alto, risponde sornione che non esiste un incarico più alto del governo del Texas. Ha smentito di recente ogni ambizione presidenziale un altro governatore ritenuto papabile, quello della Florida, Ron DeSantis, trumpiano ma con moderazione. In quest'ultimo caso, considerata anche la giovane età, tanto schermirsi sembra più legato alla volontà di non bruciarsi.
Un bilancio dell'epidemia meno pesante che in altri Stati, a fronte di una popolazione molto più anziana della media, e una risposta decisa ma non brutale alle proteste di Black Lives Matter costruiscono già un profilo spendibile in campagna elettorale. E poi ha solo 42 anni, difficile non abbia voglia di provarci.
Tucker Carlson è l'erede perfetto di Trump?
Se si vuole immaginare il perfetto erede di Trump bisogna però guardare fuori dalla politica, cercare un altro outsider. Uno come Tucker Carlson. Il suo programma è il più seguito di Fox News e il conduttore californiano è il grande punto di riferimento del popolo 'Maga'. Lo stratega Rick Wilson, ex repubblicano e oggi fondatore del Lincoln Project, ha riferito al New York Post che Carlson è uno dei nomi "più probabili" per le primarie repubblicane del 2024.
Nel settembre del 2019 il New York Times scrisse un articolo satirico che immaginava un'America guidata da un Carlson eletto per un secondo mandato nel 2028 dopo aver eletto "Recession Joe" Biden quattro anni prima. Un divertissement giornalistico, fin qui. Un'iperbole, un paradosso. Ma fino a non troppi anni fa lo sembrava anche la candidatura di Trump.