AGI - Ha promesso un governo "specchio dell’America", il presidente eletto Joe Biden e il suo team di transizione è in fibrillazione. I primi nomi potrebbero arrivare già per il Thanksgiving, entro fine novembre. Biden ha promesso di essere il presidente di tutti: dei liberal, dei moderati, dei repubblicani, dell’America rossa di Donald Trump (che per ora si rifiuta di alzare bandiera bianca) e alla quale ha chiesto una chance.
Più facile a dirsi che a farsi. I progressisti capeggiati dalla Alexandria Ocasio Cortez si aspettano l’esecutivo più variegato della storia, ma Biden sa bene di dover fare i conti anche con il Grand Old Party (Gop) che probabilmente manterrà il controllo del Senato e che è un imprescindibile lasciapassare anche per le stesse nomine di governo. In un’intervista a Cnn, Oac ha definito “irresponsabile” da parte dell’ala moderata dei dem sostenere che i liberal stanno danneggiando il partito.
Kamala Harris, vice presidente eletta, ha promesso esponenti delle minoranze, e in particolare donne di colore, in posizioni di leadership. E il toto nomine è già scattato. Si parla di ex dell’amministrazione di Barack Obama, compresi repubblicani come Robert Gates o Chuck Hagel alla Difesa, di Ray LaHood ai Trasporti. In lizza anche i Gop never Trump come John Kasich, Susan Molinari e Meg Whitman che sono intervenuti alla convention democratica dello scorso agosto.
Molto dipenderà dall’esito di due ballottaggi in Georgia per il Senato che, se andasse ai dem, consentirebbe a Biden di nominare ministri progressisti come Elizabeth Warren o Bernie Sanders. Tra i nomi che circolano anche quello del governatore di New York, Andrew Cuomo ma che ha smentito. “Non ho alcun interesse ad andare a Washington”, ha detto in un’intervista a Nbc.
Per il ministero della Giustizia, tra i papabili figurano la senatrice Amy Klobuchar, ex sfidante di Biden alla primarie, o Sally Yates, ex vice procuratore generale dell’amministrazione Obama licenziata da Trump perché contraria al “travel ban”. Possibile la nomina di Stacey Abrams, afroamericana della Georgia che era stata presa in considerazione anche per la vice presidenza o di Cory Booker, afroamericano membro della commissione Giustizia del Senato ed ex sfidante di Biden alle primarie dem.
Tra gli altri papabili per il posto, Preet Bharara, nato in India ed ex capo dei procuratori federali del Manhattan Southern District di New York. Per il dipartimento di Stato, torna in auge il nome di Susan Rice, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Obama ed ex ambasciatrice all’Onu. Pure lei era stata presa in considerazione come numero due di Biden ma è molto osteggiata dai repubblicani che la considerano “complice” di Hillary Clinton nell’aver sviato l’opinione pubblica sull’attentato al consolato Usa di Bengasi, in Libia, nel 2012.
Warren si è proposta per il Tesoro, un ministero mai guidato da una donna negli Usa così come la Difesa. Per il posto circola anche il nome dell’ex vice presidente della Fed Roger Ferguson. Alla Sicurezza Nazionale in pole position ci sarebbero due latini, Alejandro Mayorkas, avvocato di origini cubane e vice ministro di Obama, e Julian Castro, ex sindaco di San Antonio, in Texas, ed ex ministro dell’Urbanistica.
Il ministero del Lavoro lo vorrebbe il “socialista” Sanders mentre all’Energia potrebbe andare l’ex governatore di Washington Jay Insee.
Anche alla guida della Cia potrebbe essere nominata un'altra donna: Avril Haines che è già stata la prima a servire come vice direttore dell’agenzia di intelligence.
Oggi intanto Biden annuncerà i membri della task force sul coronavirus che ha definito la priorità della sua amministrazione.
Le altre caselle saranno completate entro dicembre. Andy Card, ex capo di gabinetto di George W. Bush, sul Wall Street Journal, consiglia alal presidente eletto di nominare prima di tutto il suo chief of staff e la scelta, stando ai bene informati, potrebbe cadere su Ron Klain, senior advisor della sua campagna, o su Steve Ricchetti, che ha ricoperto lo stesso ruolo per Biden quando era vice presidente.