AGI - Venti di guerra civile nell'Etiopia guidata dal primo ministro e premio Nobel per la pace, Abiy Ahmed: il governo di Addis Abeba ha lanciato un’offensiva armata contro la regione dissidente del Tigray, nel nord del Paese del Corno d'Africa. Scontri vengono segnalati ad ovest dello Stato: truppe dell’esercito etiope sono state dispiegate ai confini delle regioni di Amhara e Afar, a sud ed est del Tigray, ci sono stati bombardamenti notturni e il Parlamento ha approvato lo stato di emergenza.
L'escalation politica e militare
“Il nostro Paese è entrato in una guerra che non aveva previsto, una guerra vergognosa e insensata”, ha lamentato il generale Berhanu Jula, vice capo di stato maggiore delle forze armate etiopi, assicurando che l'esercito farà “in modo che la guerra non raggiunga il centro e possa concludersi lì”, nel Tigray. La regione confina con l'Eritrea, con cui Abiy ha siglato la pace nell'estate 2018 dopo 18 anni di conflitto più o meno dichiarato, e buona parte degli armamenti dell'Etiopia si trovano ancora in questo Stato di frontiera.
“Quella innescata contro di noi è chiaramente una guerra, un’invasione. Noi la combattiamo per preservare la nostra esistenza”, ha denunciato da Makallé il presidente della regione del Tigray, Debretsion Gebremichael. Un’escalation politica, verbale e militare che fa temere l’avvio di un conflitto lungo e devastante che rischia di minacciare la stabilità già fragile del secondo Paese più popoloso d’Africa, con più di 100 milioni di abitanti. Per questo motivo dal segretario generale dell’Onu è arrivato un appello alla fine delle ostilità. “La stabilità dell’Etiopia è importante per tutto il Corno d’Africa. Chiedo un immediato allentamento delle tensioni e una pacifica risoluzione delle controversie”, ha twittato Antonio Guterres. Il Sudan ha chiuso le frontiere con l’Etiopia e i vertici dell’Unione africana, che ha sede proprio ad Addis Abeba, è impegnata in ‘staffette diplomatiche’ tra le parti.
Mesi di tensioni
Il via libera ad una operazione militare da parte del premier Abiy, arrivato martedì, è in realtà il punto di arrivo di un braccio di ferro tra il governo federale e il presidente della regione settentrionale Gebremichael, in atto da alcuni mesi, soprattutto dopo le elezioni svoltesi nel territorio dissidente lo scorso settembre, che Addis Abeba ha dichiarato illegali. Così il partito al potere nella regione, il Fronte di liberazione del popolo Tigray (Tigray People’s Liberation Front, TPLF), è stato inserito nella lista nera stilata dal governo centrale, bollandolo di “criminale”.
La miccia delle tensioni politiche era quindi già accesa, ma la situazione sul terreno è ulteriormente precipitata nei giorni scorsi a seguito di un attacco o presunto attacco a una base militare dell’esercito federale nel capoluogo di Makallé, attribuito a forze fedeli al partito al potere nell’area, il TPLF. Così Abiy ha dato ordine di dispiegare truppe nella regione, dichiarando ufficialmente che “è stata superata la linea rossa, l’esercito deve intervenire per portare a termine la sua missione, per salvare il Paese e per evitare che la regione cada nell’inferno dell’instabilità”, recita il comunicato del gabinetto del premier, che ha anche decretato lo stato di emergenza nella regione, poi approvato dal Parlamento.
Stato di emergenza
Lo stato di emergenza dà al governo tutti i poteri necessari per proteggere la pace e la sovranità del Paese, per mantenere la sicurezza pubblica, la legge e l’ordine, autorizzandolo anche a sospendere alcuni diritti politici e democratici, come previsto dalla Costituzione. Oltre ai militari inviati da Addis Abeba, con nuovi rinforzi annunciati oggi, il conflitto si sta inasprendo con bombardamenti dell’aeronautica etiopica sul Tigray. Una notizia diffusa da un emittente locale e rilanciata dalla Deutsche Welle, ma di fatto difficilmente verificabile da fonti indipendenti, anche perché da almeno 24-48 ore internet e le linee telefoniche risultano bloccate nella regione oltre alla chiusura dello spazio aereo. Sono stati sospesi i voli dalla compagnia di bandiera Ethiopian Airlines da Addis Abeba da e per quattro città della regione: Gondar, Makallé, Shire e Axum. Almeno un’agenzia internazionale, la Reuters, ha riferito che due aerei da combattimenti sono stati avvistati sopra Makellé, ma solo per una dimostrazione di forza.
La scorsa notte, intorno alle 3.00, la stessa fonte ha riportato che bombardamenti sporadici si sono fatti sentire nei pressi di Aburafi, città al confine tra il Tigray e l’Amhara. Altre fonti internazionali, quali la Bbc, riportano la notizia di scontri in corso nelle zone di confine tra il Tigray e ad ovest lo Stato vicino di Amahara, presumibilmente tra militari di Addis Abeba e soldati dello Stato dissidente. Gebremichael ha dichiarato che i suoi uomini hanno sequestrato quasi tutte le armi al comando regionale delle forze federali. Abiy ha invece detto che nell’operazione in corso nel Tigray si registrano morti e danni alle strutture, accusando le forze rivali di aver cercato di rubare mezzi e altri beni ai militari federali.
Uno Stato di frontiera
Storicamente il Tigray è un punto militare strategico per l’Etiopia, in quanto Stato confinante con l’Eritrea, Paese con il quale è stata combattuta una lunga guerra conclusa poi nel 2018 con la firma di un trattato di pace, valso il Nobel per la Pace al premier Abiy. A Makellé, capitale del Tigray, si trova una delle basi militari più importanti dell’Etiopia. Lo stesso Stato del Tigray ha a disposizione un imponente sistema di difesa militare: secondo un rapporto di International Crisis Group, il partito TPLF può contare su circa 250 mila uomini tra militari e paramilitari. Inoltre, dalla nomina di Abiy a primo ministro nell’aprile 2018 dalla coalizione al governo, dopo le dimissioni del predecessore Hailemariam Desalegn, la collaborazione con i tigrini che in passato ricoprivano incarichi importanti ad Addis Abeba si è interrotta con la formazione del nuovo esecutivo. Sentendosi emarginato, nel 2019 il Fronte di liberazione del popolo Tigray è uscito dalla coalizione al potere ad Addis Abeba.