AGI - “Non si tratta di un breakthrough, cioè di una scoperta senza precedenti, ma piuttosto di un’amplificazione di ipotesi già formulate sulla presenza di acqua ghiacciata sul nostro satellite, se venisse confermato potrebbe rimodulare la nostra presenza sulla Luna nell’ottica della futura base permanente”.
Lo ha detto all’AGI Enrico Flamini, professore di Esplorazione del Sistema solare all’Università di Chieti-Pescara ed ex Chief Scientist dell'Agenzia spaziale italiana (Asi), commentando lo studio pubblicato sulla rivista Nature Astronomy e condotto dagli esperti dell’Università del Colorado a Boulder, che hanno ipotizzato, sulla base dei dati raccolti dal Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA, la presenza di migliaia di piccole cavità sulla superficie della Luna che potrebbero contenere acqua.
“La base scientifica – spiega Flamini – è che queste strutture funzionano come trappole fredde, per cui sono in grado di catturare dei volatili grazie alle bassissime temperature, e, dato che il volatile più comune è l’acqua, alcuni eventi cosmici, come gli impatti cometari, possono contribuire a depositare una percentuale molto bassa di acqua in queste cavità, che non vengono raggiunte dalla luce solare da milioni di anni”.
Le prossime missioni
L’esperto aggiunge che tale ipotesi dovrà essere confermata con le prossime missioni. “Credo che questa notizia dia un po’ più di respiro alle teorie che prevedono la possibilità di trovare acqua utilizzabile per una stazione sulla Luna – sostiene l’ex ex Chief Scientist dell’Asi – ma sarà opportuno indagare più a fondo su questa eventualità anche grazie all’aiuto di strumenti adeguati. Tra gli strumenti proposti, dei radar simili a quelli pensati per studiare Marte, con accorgimenti specifici per il nostro satellite naturale”.
Dal punto di vista morfologico, Flamini sottolinea che la presenza di queste cavità, di ogni forma e dimensione, potrebbe aumentare la probabilità che sulla Luna esista dell’acqua allo stato solido, ma non è possibile attualmente stabilire l’esatta collocazione o la quantità del ghiaccio presente sulla superficie lunare.
Giaccio 'giovane'
“Da tenere in considerazione è che l’asse di rotazione della Luna non è molto stabile – precisa lo scienziato – questo implica che anche le zone vicine ai poli negli ultimi due o tre miliardi di anni sono state esposte ai raggi del sole e quindi l’eventuale ghiaccio all’interno delle cavità dovrebbe essere stato depositato non dalla formazione della Luna, ma da poco più di un miliardo di anni. Se pertanto da un lato è vero che le possibilità di rilevare la presenza di ghiaccio sembrano più elevate, dall’altro si tratta sempre di una eventualità ancora da confermare”.
Per quanto riguarda le implicazioni legate ad una futura base sulla Luna, l’esperto afferma che tale scoperta potrebbe ampliare l’area in cui ricercare depositi d’acqua.
“Sarà necessario assicurare la mobilità sulla Luna – conclude Flamini – quindi si rafforza il concetto che l’esplorazione lunare dovrà avvenire in due step. Una volta confermata la presenza sarà opportuno creare mezzi per muoversi ed esplorare le potenzialità della superficie lunare. La base permanente non potrà essere troppo lontana dalle eventuali fonti d’acqua e potrebbe non essere necessariamente stabilita nei poli della Luna”.