AGI - Cina e Vaticano sono pronte a rinnovare l’accordo sulla nomina dei vescovi entrato in vigore il 22 ottobre 2018 per altri due anni. Alla vigilia della scadenza, l'annuncio è arrivato da Roma, dal segretario di Stato, Pietro Parolin, rispondendo a una domanda dei giornalisti a margine di un evento presso un'università romana: "Sì, posso anticiparvi che andrà tutto bene ... vi lascio con un segnale positivo".
L'annuncio verrà fatto domani, giovedì 22 ottobre, con un comunicato disgiunto ma concordato dalla Santa Sede e l’Ambasciata di Pechino. Si tratterà di un’estensione per altri due anni “ad experimentum”, ha precisato Parolin: l’accordo non comprenderà le relazioni diplomatiche, che non sono state prese in considerazione, ma si concentrerà sui contenuti pastorali.
Nelle settimane antecedenti al rinnovo dell’accordo, Pechino si è più volte detto pronto a migliorare le relazioni con la Santa Sede. L'accordo dà al papa l'ultima parola sulla nomina dei vescovi cinesi e il governo di Pechino consente a tutti loro, compresi quelli provenienti dalla Chiesa cattolica cinese sostenuta dallo Stato, di riconoscere l'autorità del papa. Ma l'intesa è finita nel mirino degli Stati Uniti: nel corso della sua recente visita a Roma, il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha invitato la Chiesa a non rinnovarlo a causa delle forti limitazioni alla libertà religiosa nel Paese asiatico. Ma ha incontrato le resistenze del Vaticano. Soddisfatto il governo cinese che proprio in quelle ore, attraverso il Ministero degli Esteri cinese teneva a sottolineare come l’accordo raggiunto nel 2018 fosse un “risultato importante”.
Adesso toccherà vedere come reagirà Taiwan che ha mostrato finora apparente serenità. Il mese scorso, la portavoce del Ministero degli Esteri di Taipei, Joanne Ou, ha rimarcato le strette relazioni tra l’isola e la Santa Sede, unico Stato europeo che riconosce diplomaticamente Taipei, invece di Pechino. “Taiwan ha continuato a ricevere assicurazioni dal Vaticano che l’accordo sui vescovi con la Cina è religioso, non riguarda le relazioni diplomatiche, e ci hanno chiesto di non preoccuparci”, ha scandito durante una conferenza stampa. Altre voci, a Taipei, nutrono, però, sospetti: secondo un esperto citato in forma anonima dall’agenzia di stampa di Taiwan, Central News Agency, “è una strategia di lungo corso della Cina quella di combattere il nemico principale”, ovvero gli Stati Uniti, “unendo le forze con un nemico secondario”. Con l’accordo firmato nel 2018, la Cina ha messo da parte la strategia di “sinizzare” la religione nella speranza di unire le forze con il Vaticano per contrastare Washington. In ogni caso, è la conclusione dell’esperto, l’accordo raggiunto tra la Cina e il Partito Comunista Cinese, potrebbe portare solo a guadagni nel breve termine per Pechino, perché “quando si apre la porta della libertà religiosa, sarà difficile chiuderla di nuovo”.