AGI - Il netto vantaggio assegnato dai sondaggi a Joe Biden nelle preferenze degli elettori non rende meno incerto il risultato di presidenziali sulle quali pesa l'ulteriore, inedita incognita di un ricorso senza precedenti al voto postale. Il sistema statunitense produce spesso risultati peculiari. Maggioranze consistenti nel collegio elettorale (ovvero i "grandi elettori" che di fatto decidono chi siederà alla Casa Bianca) possono spesso corrispondere a un distacco di poche decine di migliaia di voti. O, addirittura, si può essere eletti presidenti pur essendo in minoranza nel voto popolare, come è accaduto a Donald Trump nel 2016.
La prospettiva più paradossale è però quella di un presidente e un vicepresidente appartenenti a ticket differenti. È il trabocchetto del cosiddetto 'scenario 1824', sul quale i media statunitensi si stanno interrogando in questi giorni con più intensità del solito, ovvero un pareggio nel collegio elettorale che costringa il Congresso a decidere.
L'inghippo del ticket Jefferson-Burr
Si parla di 'scenario 1824' perché si concretizzò per la prima e unica volta in occasione delle elezioni di quell'anno, che videro il Congresso nominare John Quincy Adams dopo che nessuno dei tre candidati più votati aveva conquistato la maggioranza assoluta del collegio (anche nel 1876 decise il Campidoglio ma la natura dello stallo fu differente). Fu così evitato il ripetersi di quanto avvenuto alle elezioni del 1800, quando sia i Federalisti che i Democratici-Repubblicani presentarono per la prima volta un "ticket" con il candidato alla presidenza e quello alla vicepresidenza.
Dato che i membri del collegio elettorale erano chiamati a esprimere due preferenze senza specificare il ruolo, l'idea era che, in vista di un'attesa vittoria Democratico-Repubblicana, un grande elettore si astenesse da un voto affinché Thomas Jefferson venisse eletto presidente e Aaron Burr suo vice, con una preferenza in meno. Le comunicazioni all'epoca non erano però così semplici ed entrambi si ritrovarono con 73 voti ciascuno.
Come funziona il XII emendamento
Nella Costituzione degli Stati Uniti fu così introdotto il dodicesimo emendamento, il quale prevede che, in caso di parità, la Camera scelga il presidente e il Senato il vicepresidente. La prima al momento è controllata dai Democratici e il secondo dai Repubblicani. Se al Senato ogni testa vale un voto, alla Camera a decidere non sarebbero i singoli rappresentanti bensì le delegazioni dei singoli Stati che, in questo caso, hanno tutte il medesimo peso. Ciò significa che la California, con i suoi 40 milioni di abitanti, avrebbe la stessa voce in capitolo del Wyoming, che ne ha 580 mila, ovvero circa sette volte meno di Los Angeles.
Oggi i Repubblicani controllano la maggioranza delle delegazioni della Camera, pur essendo in minoranza, e, viceversa, i Democratici ne controllano di più in Senato, pur avendo meno parlamentari. Se, in seguito al rinnovo dei due rami del Congresso che coincide con le presidenziali (totale per la Camera, pari a un terzo per il Senato), i Democratici conquistassero la maggioranza al Senato ma, pur vincendo anche alla Camera, lasciassero ai Repubblicani il controllo delle delegazioni, in caso di parità avremmo quindi Donald Trump presidente con Kamala Harris come vice. Viceversa, se i Repubblicani mantenessero il Senato e i Democratici strappassero il controllo delle delegazioni alla Camera, avremmo Joe Biden presidente con Mike Pence come vice.
Improbabile ma non impossibile
Ma quante possibilità ci sono che lo 'scenario 1824' si verifichi dopo il 3 novembre? A fare i calcoli è la Cnn, che sottolinea come il 40% delle elezioni della storia degli Usa siano state decise da un margine di 30 mila voti o meno e il 20% da un distacco inferiore ai 10 mila voti. Il rischio di pareggio è quindi la norma, sottolinea l'emittente Usa, che delinea due diverse combinazioni che farebbero finire Trump e Biden con 269 grandi elettori a testa. La prima è quella che vedrebbe Michigan, Wisconsin e Arizona passare ai democratici con un risultato, per il resto, analogo al 2016. La seconda disegna invece uno scenario dove le uniche differenze rispetto al 2016 sarebbero il Michigan, la Pennsylvania e il secondo distretto del Nebraska in mano all'Asinello. Proprio in Wisconsin e Pennsylvania le norme sul voto postale sono le più macchinose degli Usa e lo spoglio potrebbe richiedere più di una settimana, costringendo il Congresso a intervenire.
Non è finita qui. Qualora la camera dei Rappresentanti non riesca a decidere un vincitore entro il 20 gennaio 2021, il vicepresidente diventerebbe presidente facente funzioni. Ma che succederebbe se il Senato, a sua volta, non riuscisse ad eleggere il vicepresidente degli Stati Uniti? In una situazione simile, improbabile ma non impossibile, il Presidential Succession Act spedirebbe alla Casa Bianca la speaker della Camera, Nancy Pelosi.
Proprio Nancy Pelosi a fine settembre ha mobilitato i Democratici perché intensifichino la campagna in quegli Stati tradizionalmente repubblicani, come l'Alaska o il Montana, che potrebbero decidere i nuovi equilibri tra le delegazioni alla Camera. Il motivo è proprio evitare che, in caso di pareggio, il Congresso confermi Trump presidente. Se a preoccuparsene tanto è la terza carica dello Stato, lo 'Scenario 1824' non appare quindi una prospettiva così remota .