AGI - La violenza di gang rivali sta seminando morte e terrore nei campi rifugiati Rohingya vicino a Cox's Bazar, città del Sud-Est del Bangladesh, dove almeno 7 persone sono morte e alcune centinaia sono state costrette a fuggire. "Le sette vittime, tra cui una donna, sono state registrate nei giorni scorsi", ha riferito al Guardian Shamsud Douza, ufficiale di polizia incaricato del controllo dei campi profughi.
Per gli occupanti dei campi, le ore più pericolose sono quelle notturne, quando operatori umanitari e forze di sicurezza si ritirano, lasciandoli in mano alle gang in lotta per il controllo del traffico di droga, ma non solo. A scontrarsi sono, in particolare, il gruppo di Munna - nome dato dal suo leader, sospettato di gestire il narcotraffico dal Myanmar - e una fazione legata al gruppo ribelle Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa). I contendenti, tutti Rohingya, appiccano il fuoco alle casupole dei rifugiati, costringendoli a ripararsi altrove, portando con se' i pochi beni che riescono a salvare dalle fiamme.
I vertici del movimento ribelle Arsa - responsabile di attacchi ai militari in Myanmar tra il 2016 e il 2017, facendo scatenare la 'pulizia etnica' ai danni dei Rohingya, costretti a rifugiarsi in Bangladesh - hanno preso le distanze degli ultimi episodi di violenza nei campi profughi di Cox's Bazar. "Siamo incastrati da queste gang", hanno scritto in un comunicato ufficiale. "La situazione si sta deteriorando e nei campi i Rohingya sono impauriti, hanno bisogno di protezione", ha riferito Matthew Smith, responsabile del gruppo di difesa dei diritti Fortify Rights.
Le crescenti violenze hanno costretto gli operatori umanitari a sospendere momentaneamente le proprie attività, peggiorando ulteriormente le condizioni di vita dei rifugiati. L'Unhcr (Agenzia Onu per i Rifugiati) sta provvedendo a fornire aiuti umanitari ai nuovi sfollati e, dopo alcuni giorni di sospensione e' tornata a riprendere le proprie attivita' nei campi, che in tutto ospitano 1 milione di persone.
Al centro delle violenze dei giorni scorsi c'è il controllo del mercato della metamfetamina 'yaba' prodotta in Myanmar e sempre più consumata in Bangladesh. Il gruppo di Munna ha reclutato giovani disoccupati offrendo loro alte retribuzioni per portare avanti le sue attivita' illegali, facendo perdere influenza al movimento Arsa, che si sta ribellando all'indebolimento delle sue posizioni.
In Bangladesh i rifugiati Rohingya sono accusati di aver introdotto quella droga, che ha già creato milioni di dipendenti, con gravi conseguenze in termini di sicurezza e sociale. "La mancanza di progressi per arrivare a soluzioni durevoli, in particolare il rimpatrio volontario sicuro e dignitoso dei rifugiati nelle loro case in Myanmar, ha aumentato l'incertezza e la disperazione nei campi, contribuendo alla situazione attuale", ha avvertito Louise Donovan, portavoce Unhcr a Cox's Bazar.
Amnesty International per l'Asia meridionale ha avvertito che le crescenti violenze e le difficili condizioni in quei campi e intorno non dovrebbero essere utilizzate dal governo del Bangladesh per giustificare il suo controverso piano di ricollocazione dei rifugiati a Bhasan Char, isola nel Golfo del Bengala. Gia' in 300 sono stati trasferiti sull'isola e alcune donne hanno accusato le guardie di aver commesso abusi sessuali.