AGI - Nel giorno in cui è entrato nel vivo a Ginevra, nell'ambito dell'Osce, lo sforzo diplomatico per una de-escalation in Nagorno-Karabakh, l'Armenia ha denunciato il bombardamento da parte delle forze azere di una storica cattedrale nella città di Shushi, nell'ambito dei combattimenti ripresi tra le due ex repubbliche sovietiche per il controllo di questa regione del Caucaso meridionale.
Sul suo profilo Facebook, il governo armeno ha scritto che l'esercito dell'Azerbaigian ha colpito la cattedrale di Ghazanchetsots (Cristo Salvatore), pubblicando le foto dei danni all'edificio, luogo storico della Chiesa apostolica armena, a sua volta una delle prime comunità cristiane nel mondo.
Secondo i giornalisti internazionali sul campo, una parte del tetto è crollata e i detriti sono sparsi a terra, mentre tutto l'interno è coperto di polvere da parti delle mura colpite. "Come si può colpire una chiesa? Qui non ci sono obiettivi militari", è stato lo sfogo di un residente all'agenzia France Press. "Si tratta di un cattedrale molto importante per gli armeni", ha aggiunto l'uomo, "Dio vi giudicherà". L'agenzia russa Sputnik ha poi riferito che in un secondo bombardamento sulla stessa chiesa sono stati feriti alcuni dei suoi giornalisti presenti all'interno.
Azeri e armeni si rimpallano accuse
Il ministero della Difesa di Erevan ha accusato il "nemico azero" del bombardamento, mentre da Baku è arrivata secca la smentita di ogni responsabilità. "Le informazioni sui danni alla chiesa di Shushi non hanno nulla a che fare con le azioni militari dell'esercito azero", ha dichiarato il ministero della Difesa azero, in un comunicato. "A differenza delle forze armate armene, quelle dell'Azerbaigian non colpiscono obiettivi di importanza storica e culturale e specialmente edifici religiosi e monumenti", ha accusato.
In un copione che va avanti da oltre due settimane, le due nazioni si sono scambiate accuse reciproche: l'Azerbaigian ga denunciato bombardamenti armeni su Ganja, la seconda città del Paese, e sulla regione di Goronboy, in cui sarebbe morto almeno un civile.