AGI - In un ritratto di un paio di anni fa, il New Yorker paragonava Hope Hicks alla Gioconda o alla 'ragazza sorridente' del quadro di Vermeer. Non per la sua - seppur indiscutibile - bellezza, ma per un sorriso rimasto celebre: quello, tra l'enigmatico e il consapevole, con cui la ancora giovanissima capo della comunicazione della Casa Bianca si preparava ad affrontare la commissione intelligence della Camera sull'ormai sepolto Russiagate.Prima di concentrare nelle proprie mani tutta la comunicazione della West Wing,
Hope Hicks era stata capo ufficio stampa, la più cauta e defilata che i giornalisti accreditati ricordino. Sempre sullo sfondo delle foto 'di famiglia', abilissima a glissare sulle domande - al punto da costruire il profilo che GQ le aveva dedicato come un'intervista a Trump su di lei - + stata considerata dagli osservatori una mite consigliera del Presidente.
Il tipo diametralmente opposto, per dire, all'incendiario ex stratega Steve Bannon.A portarla in casa Trump era stata Ivanka, per la quale una Hope appena 24enne aveva lavorato come consulente per l'immagine e la comunicazione. Nel 2015 aveva assunto la guida delle relazioni con la stampa per la campagna presidenziale e la leggenda narra che a conquistare Trump sia stato il candore con cui aveva ammesso di non sapere "assolutamente nulla" di politica.
Chiamata a testimoniare di fronte alla commissione Muller sullo scambio di mail tra il figlio di Trump e alcuni uomini d'affari russi, si dimise l'indomani da ogni incarico. ma solo per rientrare due anni dopo come consigliera del Presidente nella campagna per la rielezione. Solo formalmente alle dipendenze del genero di Trump, Jared Kushner.
E da quella posizione ha continuato a lavorare, con discrezione, appena visibile sullo sfondo, fino a quando il virus non l'ha proiettata di nuovo in prima pagina e nelle immagini, mandate e rimandate in loop dalle TV di tutto il mondo, della sua salita a bordo del Marine One al seguito di Donald e Melania Trump.