Di fronte alla sentenza di interdizione della Corte Superiore di Giustizia catalana, che lo aveva riconosciuto colpevole di "disobbedienza", Quim Torra aveva invocato la "liberta' d'espressione". Un segno di quanto, durante i suoi due anni e mezzo da presidente della Catalogna, l'avvocato ed editore avesse continuato a sentirsi più un "attivista", come si definiva, che un politico.
Di diverso avviso la Corte Suprema spagnola, che oggi ha confermato la condanna a un anno e mezzo di allontanamento dai pubblici uffici per aver violato "il principio di neutralità" durante la campagna per le elezioni catalane del dicembre 2017, affiggendo sugli edifici delle istituzioni i nastri gialli: erano il simbolo di solidarietà nei confronti degli indipendentisti catalani arrestati nelle convulse settimane precedenti, quelle della sfortunata avventura del suo predecessore Carles Puigdemont, riparato in Belgio per sfuggire all'arresto dopo che Madrid aveva rifiutato di riconoscere il risultato del referendum che sanciva la nascita della "Repubblica catalana".
Il "piano D" di Puigdemont
Quella di Torra è la storia di un politico per caso, diventato presidente per caso. In vista del voto di dicembre, Puigdemont intendeva inserire nel listone indipendentista Junts per Catalunya alcune personalità della società civile prive di legami con i partiti. Tra esse fu scelto Torra, autore di una decina di libri sulla storia della Catalogna di discreto successo. Terminato, nel maggio 2018, il commissariamento della Catalogna imposto da Madrid, e abbandonato il progetto di una.sua investitura a distanza, Puigdemont aveva cercato di imporre come suoi successori altri due leader della lotta indipendentista: prima Jordi Sanchez, già in carcere, poi Jordi Turull, in procinto di finire in custodia cautelare. I partiti alleati si opposero però a due candidature che non sarebbero stato altro che gesti dimostrativi. Serviva un nome che potesse svolgere nel suo pieno la funzione di presidente e non avesse addosso alcuna casacca, per poter mettere d'accordo tutti. Per Puigdemont non un 'Piano B' ma un 'Piano D'.
Ed è così che il 17 maggio Quim Torra giurò da presidente della Generalitat, senza menzionare la Costituzione spagnola. I suoi due anni e mezzo di mandato saranno caratterizzati da continui scontri sia con l'ala dura secessionista, che lo ritiene troppo moderato, che con le autorità centrali, che riuscirono però a rintuzzarne le intemperanze con relativa facilità (appena insediatosi tentò di rimettere al loro posto i politici indipendentisti destituiti da Madrid per poi tornare presto a piìù miti consigli). Un esempio di questo atteggiamento ondivago è il comportamento tenuto il 14 ottobre scorso dopo la sentenza della Corte Suprema che condannò a pene detentive i capi della mobilitazione per l'indipendenza. L'incarcerazione di Oriol Junqueras, Jordi Turull, Josep Rull, Joaquim Forn, Raul Romeva, Carme Forcadell, Dolors Bassa, Jordi Sanchez e Jordi Cuixart scatenò accese proteste in tutta la regione. Torra passò in pochi giorni dal difendere i manifestanti che occupavano l'aeroporto di El Prat a condannare i disordini e astenersi dall'indagare i presunti eccessi nella reazione della polizia.
I giorni del Covid
I rapporti erano tesissimi anche con il partner di governo di Junts per Catalunya, la sinistra di Erc, che aveva scelto un approccio più pragmatico nei rapporti con la Moncloa, arrivando a fornire l'appoggio esterno al governo di Pedro Sanchez. Torra reagì allo smarcamento degli alleati convocando elezioni anticipate lo scorso gennaio, per poi essere costretto a una marcia indietro di fronte all'esplosione dell'emergenza coronavirus, che colpì duramente la Catalogna. Lo stesso Torra risultò positivo, rimanendo in isolamento per sei settimane nel palazzo della Generalitat, sul quale aveva continuato a svettare quel nastro giallo che gli è costato la presidenza.
Per lui è libertà d'espressione. Per la Corte Suprema è "reiterata e caparbia disobbedienza agli ordini ripetuti di un organo costituzionale la cui funzione è garantire la trasparenza e la legalità dei processi elettorali e che esige la neutralità dei poteri e delle amministrazioni pubbliche". L'interdizione di Torra, alla quale si aggiunge una multa di 30 mila euro, ha effetto immediato e gli impedisce di esercitare qualsiasi carica elettiva, a livello locale, statale ed europeo. Se Puigdemont è riuscito a consolarsi con un seggio all'Eurocamera, a Torra è quindi negato anche questo ripiego. Almeno per i prossimi diciotto mesi.