“Così è (se vi pare)” versione presidenziali Usa, con il cambiamento climatico nei panni della signora Ponza che nell’ultima scena della commedia pirandelliana dice: “Io sono colei che mi si crede”. Mentre la West Coast brucia e il 18esimo uragano atlantico del 2020 avanza sul Golfo del Messico, tra Donald Trump e Joe Biden è scontro frontale sul clima.
Due candidati, due visioni opposte. Il comandante in capo non crede al cambiamento climatico e considera i vincoli ambientali un freno per l’industria, mentre l’ex numero due di Barack Obama vede nella lotta al riscaldamento globale e nella transizione verso le energie pulite un motore per creare posti di lavoro.
“Se concedete a un piromane del clima altri 4 anni alla Casa Bianca, non sorprendetevi se l’America sarà più in fiamme. Se concedete a un negazionista sul clima altri 4 anni alla Casa Bianca, non sorprendetevi se più americani saranno sott’acqua”. Il primo affondo della giornata ieri è di Biden, in vista della partenza di Trump per la California, da tre settimane nella morsa del fuoco, insieme all’Oregon e allo Stato di Washington.
Il bilancio è drammatico: almeno 35 morti, migliaia di sfollati ed oltre 3 milioni di acri inceneriti. Gli Usa hanno registrato quest’anno la quarta estate più calda della storia ed è stata spropositatamente arida, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration. L’inverno è stato il sesto più caldo di sempre e la stagione degli incendi nella West Coast è iniziata prima del previsto. Trump attribuisce gli incendi alla cattiva gestione dei boschi.
Durante la tavola rotonda a McClellan Park, vicino Sacramento, il governatore dello Stato del Sole, Gavin Newsom, e il responsabile dell’agenzia per le risorse naturali, Wade Crowfoot, hanno esortato Trump a non ignorare la scienza sui cambiamenti climatici perché sarebbe “come mettere la testa sotto la sabbia” se si relegasse ogni responsabilità alla negligenza, cioè a dire agli amministratori (democratici) degli Stati colpiti. Altro che riscaldamento globale, “sta diventando più freddo, vedrete”, assicura il capo della Casa Bianca. “Vorrei che la scienza concordasse con lei”, obietta Crowfoot. “In realtà, non credo che la scienza ci capisca”, taglia corto il presidente, dopo aver rivendicato una risposta “immediata” con la dichiarazione dello stato d’emergenza per la California e l’attivazione della Fema, la protezione civile Usa.
Biden ha profilato un acuirsi di questi fenomeni “infernali” a causa dell’inazione del tycoon, se venisse rieletto. L’ex numero due di Obama ha dunque attaccato Trump su quello che si sta rivelando il punto di forza della sua campagna, ovvero la corsa al grido di legge ed ordine.
“Sapete cosa sta veramente minacciando i nostri sobborghi? Gli incendi, gli allagamenti, gli uragani. Dobbiamo agire sul clima, ora”, avverte Joe, “è chiaro che non siamo sicuri nell’America di Donald Trump. Questa è l’America di Donald Trump. C’è lui al comando”. Il problema (per i dem) è che la questione della sicurezza sta prendendo il sopravvento sulla crisi del coronavirus.
Se l’elezione Usa fosse un referendum sul Covid, Trump probabilmente perderebbe, come dimostra la volata di Biden nei sondaggi durante l’estate. L’ultima rilevazione di New York Times/Siena College conferma il vantaggio del candidato del partito dell’Asinello a livello nazionale, ma segnala come in quattro Battleground States (Minnesota, Nevada, New Hampshire e Wisconsin) una crescente quota di elettori consideri la questione “legge e ordine” più importante del coronavirus, compreso un 27% di sostenitori di Biden convinti che lui non abbia “sufficientemente condannato le rivolte violente”.
Trump ha incastrato la sua visita nella democratica (e praticamente impossibile da conquistare) California, tra il comizio del Nevada di domenica e la visita ieri in Arizona per corteggiare gli ispanici ai quali ha promesso “un’incrollabile devozione”. L'Arizona non elegge un candidato democratico dai tempi di Bill Clinton, ma un sondaggio diffuso ieri da Oh Predictive Insights - e non è l'unico - indica il candidato dem in testa con il 52% delle preferenze contro il 42% del tycoon. È l'ottavo sondaggio di fila a dare in testa l'ex vice presidente in Arizona. Cbs, nella rilevazione diffusa domenica, indica Biden in vantaggio di 3 punti, 47 a 44.
I repubblicani si sono sempre saldamente aggiudicati i due posti in Senato dell'Arizona per 24 anni, fino al 2018 quando ha avuto la meglio la democratica Kyrsten Sinema. Il basso costo della vita in Arizona e il boom del settore tecnologico hanno spinto molti giovani, tendenzialmente più liberal, a trasferirsi nello Stato del Grand Canyon, alterando la mappa elettorale.
Dal sondaggio di Oh Predictive Insight emerge un consenso per Biden in Arizona simile a quello che aveva Hillary Clinton nel 2016 (61%). Hillary vinse il voto delle donne per 9 punti e oggi Biden viene dato in testa di 12 punti. Tra gli uomini, in Arizona ebbe la meglio Trump nel 2016 per 8 punti mentre oggi viene dato dietro a Biden di 7 punti. Clinton nel 2016 perse di 3 punti tra gli indipendenti dell'Arizona (tendenzialmente inclini a votare per il Grand Old Party), che in questa tornata elettorale sembrano piuttosto favorire il candidato democratico. Il manager della campagna di Trump, Bill Stepien, ha definito sballato il sondaggio, dando “The Donald” favorito di 3 punti.
Biden oggi sarà in Florida, dove Trump vinse nel 2016 per un solo punto percentuale e dove si profila ancora una volta una corsa all’ultimo voto. Se lo sfidante democratico riuscisse a fare breccia nel cuore dei ricchi repubblicani che hanno scelto la Florida per la pensione, le chance di conferma del presidente si assottiglierebbero. Ma se Trump andasse meglio rispetto al 2016 tra gli ispanici, allora sarebbe Biden quello fuori dai giochi.
Non a caso, quando è stato chiesto all’ex braccio destro di Obama quale sarebbe stato il suo messaggio oggi in Florida, lui ha risposto: “Parlerò di come intendo lavorare come un diavolo per conquistare il voto di ogni singolo latino e ispanico”.
Trump dalla Casa Bianca celebrerà il suo successo diplomatico con la firma degli accordi di normalizzazione delle relazioni tra Israele e gli Emirati e tra Israele e il Bahrain. Nel pomeriggio il presidente riprenderà la sua girandola negli Stati in bilico con un town hall in Pennsylvania dove si tornerà sicuramente a parlare anche di clima, con oltre 17 milioni di persone sulla traiettoria dell’uragano Sally. Lui, che si è definito “il presidente ambientalista numero uno” ha già messo le mani avanti: “Il mio team ed io stiamo attentamente monitorando l’estremamente pericoloso uragano Sally. Siamo pienamente impegnati con i leader statali e locali per assistere la grande gente dell’Alabama, Louisiana e Mississippi”. Acqua, fuoco, terra e aria. I quattro elementi che fanno gli Stati (dis)Uniti.